Ho continuato a pensare a questa faccenda sulla scia della suggestione lanciata dalla lettura del post, in passato il mio sé lavorativo e quello privato erano distinti e distanti, al lavoro in giacca e nel tempo libero molto comoda, il comune denominatore era cercare di inserire un po' di originalità in entrambe le sfere, nel guardaroba professionale relegandola soprattutto agli accessori o al taglio dei capi, nel tempo libero esprimendola pienamente nelle forme e nei colori.
Ora, avendo cambiato quello che faccio, il mio guardaroba è unico, i capi li uso indistintamente in negozio, per un'uscita serale, per un evento.
Credo che quanto più indistinto sia il guardaroba rispetto agli usi tanto più sia indicativo di un fare conseguente all'essere e per questo riflesso di una certa autenticità: sono estroso, classico o rilassato e quindi il mio guardaroba segue queste mie caratteristiche che porto in giro, con me nel mio fare.
Al contrario la compartimentazione del guardaroba (capi per il lavoro, capi per il tempo libero, etc.) mi sembra rappresenti più un essere al servizio del fare: quando lavoro sono professionale, quando non lavoro sono estroso, classico o rilassato, etc.
In un precedente post avevo scritto che il fare è il vestito dell'essere, quello che forse lì non avevo messo bene a fuoco è che occorre osservare non solo il risultato (i vestiti che indosso) ma anche il processo, vale a dire: da quale prospettiva ho deciso di indossare quello che indosso, da ciò che faccio o da chi sono?
Quando le scelte le facciamo dal nostro fare è più difficile mettere in pratica il principio della Cuddy, perché indosserò quello che il ruolo richiede, la scelta sarà condizionata dall'esterno e dal contesto, quando le scelte le facciamo dal nostro essere la prospettiva si ribalta o perché ragioneremo in modo più tranchant: sono quello che sono in ogni momento oppure perché realmente ci sarà un continuum molto fluido nel nostro essere e nel nostro fare - sono dunque faccio.
In ogni caso non credo che una condizione sia meglio di un'altra sono semplicemente diverse e utili a degli obiettivi: se il mio obiettivo è essere autentico il principio della Cuddy sarà più funzionale, se il mio obiettivo è tenere separate le due sfere i vestiti mi aiuteranno.
Inoltre se voglio sfruttare i poteri dell'abito posso sceglierli proiettando il mio sé nel futuro e chiedermi: chi voglio essere/diventare; cosa voglio fare e iniziare il cambiamento da lì.
In questa prospettiva i vestiti diventano un nudge al servizio del nostro sé tra presente e futuro.