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vestir-si, il ruolo dei simboli

31/3/2022

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Come nascono i simboli? Perché attribuiamo proprio quel significato ad una forma o ad un colore?
Succede perché gli oggetti contengono degli inviti all'uso, le cui istruzioni emergono in modo immediato e spontaneo dal momento che appartengono al mondo che ci circonda. Una punta, ad esempio, ci ricorda una lancia o una lama e ci suggerisce aggressione, un triangolo richiama la forma di una montagna e suggerisce stabilità.
Si tratta insomma di una sorta di patrimonio dell’umanità.
Da questi suggerimenti si sviluppano, a seconda dei luoghi e del tempo, sistemi di simboli che vestono e svestono le forme e i colori di significati. Questi simboli possono essere più o meno forti e duraturi a seconda della loro presenza e capillarità. Infine la nostra soggettività, vale a dire la nostra cultura, le nostre esperienze, le nostre caratteristiche, fa il resto e attribuisce il significato.
Per esemplificare il tutto ho fatto un piccolo esperimento con un gruppo di persone, mandando loro 4 foto relative a 4  abbinamenti e chiedendo loro di descrivere cosa ciascuno comunicasse loro.
I risultati che riporto sono relativi alle 15 risposte ricevute (da parte di 2 uomini e 13 donne con età dai 30 ai 75 anni circa).

Gli abbinamenti che ho composto contenevano due pattern differenti: PAISLEY vs RIGHE, e due colori: il BLU e il BEIGE.
Ho scelto appositamente forme e colori che hanno una diffusione ed un effetto visivo differente.
Vale a dire che le righe sono più diffuse del paisley ed il loro significato/associazione simbolica è più divulgato e trasversale. Il paisley ha avuto una diffusione in tempi più lontani, e in generale è meno presente nel mondo del pronto moda e trova quindi minori associazioni per i consumatori.
Allo stesso modo il blu è un colore con una simbologia più forte e marcata e più diffuso rispetto al beige.
Ho poi scelto una tipologia di pantaloni dal taglio a palazzo (uno beige e uno blu) e due modelli di blusa, una t-shirt in cotone (fantasia a righe beige e blu) ed una blusa con Scollo a V, con fiocchetti sulle mezze maniche (fantasia paisley beige e blu).
Di seguito i capi selezionati.

Prima di presentare i risultati inserisco un breve approfondimento sulla simbologia di queste forme e colori.
Il pattern paisley, anche noto come cachemire, contiene nella sua stampa un motivo vegetale a forma di goccia, di origine persiana.
Nell'iconografia della mesopotamia la forma rappresentava simbolicamente il germoglio della palma da dattero. La palma aveva un ruolo centrale nella vita quotidiana, offriva cibo, bevande, materiali per la costruzione e l'abbigliamento. Per questo era considerato e lo è tuttora simbolo di fertilità e lunga vita.
 
Le righe sono passate, dalla simbologia medievale, che indicava ciò che era diabolico e fuori dalla norma (vestivano a righe orizzontali i buffoni, gli eretici, le prostitute,etc.), al successivo significato di ciò che è al servizio (vestivano a righe i servitori e i marinai), per approdare poi all’abbigliamento balneare e da lì  raggiungere il significato attuale di svago e leggerezza quando indossate nel periodo primaverile ed estivo.
 
Il blu è un colore calmo e rilassante associato alla formalità, professionalità ed eleganza, il beige è un colore neutro, associato a ciò che è classico, è un colore, come dice Leatrice Eisman del Pantone Color Institute, non presuntuoso, composto ed equilibrato che rischia di diventare anche un po’ noioso.
 
Quanto ai capi, i pantaloni a palazzo richiamano associazioni al classico ed elegante (il taglio è usato in contesti più formali o in occasione di cerimonie), la t-shirt con stampa a righe risulta informale, comoda e allo stesso tempo grintosa per la stampa e il colore, mentre la blusa ha un’aria un po’ retrò sia per il modello, sia per i dettagli (fiocchetti) che le donano un po’ di romanticismo.

Mettendo tutto  insieme, pattern, colori, tipologia di capi entra in gioco l’effetto dell’algebra cognitiva, ne ho parlato qui, che ci restituisce l’impressione finale che ricaviamo dall’outfit.
Quando poi questo è indossato altri elementi rientreranno nel calcolo algebrico, vale a dire l’acconciatura, il make-up, gli accessori, la fisiognomica e le espressioni. Ma qui ci limiteremo all’analisi degli abbinamenti.
Di seguito i 4 abbinamenti che sono stati inviati al campione.


Cosa aspettarsi?
Quella che propongo di seguito è un’interpretazione che conta sulle affordance (invito offerto dalla forma/colore) e sulla simbologia senza tenere conto della soggettività dell’osservatore che rimane sempre un elemento poco o niente decifrabile a seconda del livello di conoscenza che abbiamo della persona.
Il paisley presenta linee morbide e fluide del mondo vegetale/floreale, il richiamo è ad elementi di grazia e delicatezza, soprattutto nell’abbinamento con il colore beige, in questo caso il rischio è che il colore diventi predominante e possa risultare noioso, a differenza del caso in cui la blusa è associata al pantalone blu che dovrebbe conferirgli più grinta o rigore.
Le righe con la loro geometria lineare e solida richiamano elementi di espansione, crescita, determinazione, hanno forti associazioni con il mare e l’estate dal momento che nel pronto moda le ritroviamo soprattutto nella bella stagione, quando associate al colore blu saranno più formali ed eleganti e più leggere se abbinate al beige.

Cosa è emerso?
Qui di seguito i risultati dell’indagine. Ho riportato i commenti raggruppandoli per somme categorie e indicano tra parentesi il numero di frequenze quando maggiore di 1.
Di seguito i commenti del campione.

Foto
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Foto
Foto
Foto 1
stilosa (2), stile e classe, elegante, eleganza sportiva, elegante chanel
sportiva marinara, classico da mare, sapore di mare,
easy (3),
rigore, rispetto regole,
professionale.


Foto 2
evasione, sbarazzina, fresco retrò, sapore di mare,
sportiva,
bon ton, elegante, tradizionale, sobrietà,
dinamica, grintosa, versatilità
moscio.

Foto 3
sobrietà, equilibrio, seriosa (2), classica (3), razionalità
romantica (2),  
rilassante, accudente
dimesso, spento,
leggerezza.


Foto 4
antico,  ordinaria,  sciatto, peppiotta (2), madamin,
eleganza, eleganza d'altri tempi, raffinato
formale, serioso, classica assertiva
romanticismo.

Osservazioni sui commenti
Foto 1
Il blu insieme alla t-shirt a righe e al pantalone dal taglio classico a mio avviso propone una simbologia in generale nota e diffusa, si presentano infatti maggiori aggregazioni e condivisione nella direzione che ci si attende vale a dire dell’eleganza, della formalità, della moda e del balenare.
Foto 2
Il beige insieme alle righe, come da attese smorza l’effetto formale, mantiene l’allure grintosa, elegante ed estiva e inizia a far intravedere la possibilità che l’effetto beige sia un po’ spento.
Foto 3
Il blu insieme alla blusa paisley e al pantalone dal taglio classico propone una simbologia meno vista dei due abbinamenti precedenti per il pattern della blusa, il colore blu ancora domina per il suo significato, l’effetto generale per i più è sobrio, equilibrato e serio, si è persa la grinta che conferivano le righe, (arrivando in alcuni casi all’interpretazione opposta, vale a dire ad un look dimesso e spento) a beneficio di maggiore romanticismo e accudimento probabilmente per il modello della blusa. I commenti relativi al dimesso e spento potrebbero essere l'effetto del colore, in generale scuro.
Foto 4
L’effetto generale beige e il modello romantico della blusa definisce un’immagine divisa a metà tra l’effetto classico di altri tempi e l’antico, ordinario, fuori moda risultando quasi fastidioso. Si sono persi quasi tutti gli elementi di formalità dati dal colore e dal taglio del pantalone.

Conclusioni
Quello che osserviamo è che laddove i codici sono maggiormente condivisi (righe, colore blu, taglio dei pantaloni e t-shirt) la variabile soggettiva incide meno, risulta più semplice quindi allineare le intenzioni comunicative alle interpretazioni degli osservatori.
Viceversa laddove i codici sono meno condivisi poiché meno narrati a livello collettivo o meno presenti (paisley, colore beige, taglio della blusa) la variabile soggettiva incide maggiormente creando interpretazioni varie e a volte opposte, in questo caso si riduce l’allineamento tra intenzioni e interpretazioni.

Il punto fermo in questo processo è il soggetto che sceglie cosa comunicare e a chi, tenendo conto che in primis comunica a se stesso, la suggestione che voglio lasciare è quindi di vestir-si (vestire sé), vale a dire tenendosi in conto, in termini di bisogni, caratteristiche personali e certamente forme e colore donanti, avendo a disposizione un lessico diventa più semplice e divertente.

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Riflessioni e analogie tra macro e micro

26/2/2022

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Quello dell’immagine è l’ultimo post che ho pubblicato il 23/2 sera, dietro ogni scelta c’è un'intenzione, consapevole o inconsapevole che sia  che sia, nel mio caso era un messaggio relativo alla situazione Ucraina. Nella bandiera dell’Ucraina, il blu del cielo simboleggia la pace e sta sopra il giallo dei campi di grano che simboleggia la prosperità. Li ho scombinati un po’ nell’ordine e nelle sfumature in base a quello che avevo in negozio.
Nelle mie intenzioni il messaggio era quindi che pace e prosperità insieme sono sempre una buona idea.
Il 24 mattina purtroppo lo scenario è quello che oggi conosciamo, e nel corso di quella giornata e di questi giorni mi sono sentita annichilita per il pensiero che nulla serva di fronte a traumi umani di questo genere, tutto perde di significato, anche per la vergogna di pensare o fare cose normali quando sai, che altrove succedono cose disumane.
Così mi sono bloccata, poi questa mattina ho pensato che le intenzioni non bastano, devono seguire dei fatti, solo che di fronte a situazioni così grandi pensiamo di non poter fare nulla e la tentazione è di sospenderci e aspettare, in effetti nel macro, come singoli, il nostro spazio di influenza è praticamente nullo, ma nel micro il nostro spazio di influenza è molto ampio.
E il mio micro è forse diverso dal macro? Quello che osservo, in proporzioni diverse, è molto simile.
Vedo persone che stanno vivendo un momento difficile  per una malattia appena diagnosticata, per la perdita dei propri diritti, per  la perdita di un proprio caro, per la stanchezza del momento  o al contrario altre che stanno vivendo un momento felice per un nuovo inizio, un riconoscimento professionale, un pranzo o un aperitivo condiviso. E mi sono detta che in fondo è sempre così: tutti noi, nelle nostre vite, andiamo a velocità diverse, sono onde, ci sono i momenti in piano e poi i picchi verso l’alto e verso il basso, dove siamo è transitorio, nel bene e nel male e lo stesso accade nel macro. Contemporaneamente in una parte di mondo c’è la guerra e da un’altra c’è la Milano Fashion week .
Quindi che faccio? Quello che ho sempre fatto,  il mio lavoro, la mia vita, e in più nelle intenzioni e nei fatti cercherò di metterci più attenzione, cura,  gentilezza e rispetto verso chi incontro e mi sta accanto, perché sono convinta che una escalation di queste azioni nel micro possano incidere nel macro.

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Di riflessi, di sguardi, di dentro&fuori

21/1/2022

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Gennaio, in negozio, è un periodo che ha un andamento più lento del solito, che consente di prendersi cura degli spazi e degli oggetti e questo fare rallentato, quasi meditativo porta con sé spunti di riflessione.
E' quello che mi è successo pulendo vetri e specchi, mi sono ritrovata a strofinare con insistenza perché il riflesso non era nitido, rimaneva sempre una sorta di alone fino a quando mi sono resa conto che il problema non stava nello specchio quanto nei miei occhiali, che tornati puliti mi hanno restituito un'immagine del di fuori nitida e trasparente.
Ho pensato che questo ha molto a che fare con il nostro modo di vederci.
Mi spiego meglio, lo specchio e il suo riflesso rappresentano il nostro "fuori", quello che offriamo alla vista, nostra e degli altri.
Può capitare che questa immagine che vediamo riflessa, non ci piaccia del tutto o che non la sentiamo rispondente a chi pensiamo e sentiamo di essere.
Allora per colmare questo gap, come aree di lavoro si aprono diverse strade, la prima e più immediata è quella di modificare quell'immagine dal di fuori: un taglio di capelli, un make-up diverso, un cambio d'abito.
Riprendendo la metafora di sopra queste azioni corrispondono alla pulizia dello specchio per vedere un riflesso diverso, a volte capita che con i cambiamenti messi in atto ci piacciamo di più e la cosa più o meno finisce lì.
Altre volte, succede invece che, il cambiamento realizzato nell'aspetto non lo percepiamo, continuiamo a vederci appannati, mancanti, non come vorremmo. Eppure gli altri guardando noi e guardando lo specchio vedono altro, e sia prima che dopo ci vedono in un modo che per noi rimane sconosciuto, magari ci fanno apprezzamenti, non ci capiscono e noi non capiamo loro arrivando fino a non credergli.
Qui allora il problema, sempre per seguire la metafora di sopra, sta negli occhiali, nello sguardo che è coperto da un velo fatto di giudizi e credenze. 
In questo caso il cambiamento esteriore è un primo passo, utile a renderci consapevoli che c'è di più, magari è anche utile a togliere un po' di aloni ma comunque non sufficiente, occorre un'igiene diversa, cognitiva ed emotiva, un lavoro di re-visione di sé, in sospensione del giudizio, per diventare nuovi osservatori della realtà.
Tecnicamente nel primo caso (il lavoro sull'immagine) si parla di un cambiamento/apprendimento di primo livello, cambiamo delle azioni (un nuovo modo di vestirsi, di pettinarsi, di truccarsi) e cambia l'opinione che abbiamo su di noi, in questi casi probabilmente quello che ci manca è la consapevolezza di cosa sia adatto a noi e la capacità di usare forme e colori, che possiamo imparare attraverso l'aiuto da parte di chi ha questa competenza.
Nel secondo caso (il lavoro sui giudizi e sulle credenze) si parla di un cambiamento/apprendimento di secondo livello, in questi casi quello che c'è in più ad impedirci di stare bene con noi, sono pensieri critici e giudicanti, convinzioni limitanti sul nostro essere, quello che occorre allora è prendere consapevolezza di questi pensieri/credenze per trasformarli in altro, in qualcosa che ci sia più utile.
La prova del nove per capire se necessitiamo di un cambiamento di primo o secondo livello è osservare il nostro comportamento quando facciamo shopping o andiamo dal parrucchiere o sfoggiamo un nuovo trucco. Se capita che davanti allo specchio di un negozio, magari con il commento positivo di una commessa ci piacciamo ma poi quando torniamo a casa con lo stesso abbinamento/taglio/trucco non ci piacciamo più e questo succede in modo ricorrente probabilmente quello che ci occorre è di andare più in profondità e lavorare sull'immagine interiore che abbiamo costruito e sui pensieri che la nutrono.
Se invece quando riceviamo dei suggerimenti e dei consigli, percepiamo la differenza, li facciamo nostri e riusciamo a "vederli" anche a seguire è probabile che quello che ci manca siano delle tecnicalità, conoscenze o tecniche da mettere in pratica per mantenere il cambiamento.
​
Noi per non farci mancare nulla lavoriamo sulle due dimensioni con il servizio Dai Forma e Colore al tuo Stile che puoi trovare qui.
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Cambio d'Abito

30/12/2021

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Il cambio d'abito, che sia in una rappresentazione teatrale, in una cerimonia, in un contesto lavorativo o casalingo, presuppone la fine di una parte, di un ruolo, di un'attività e l'inizio di qualcos'altro. L'abito è quindi il messaggio offerto alla vista che dichiara il cambiamento e racconta la sua promessa.
Ed è così che per me si conclude quest'anno, con la dichiarazione di un cambio d'abito.
Metaforicamente qui il vestito rappresenta il "fare" è la parte visibile e visiva di chi siamo, in ambito professionale è il nostro ruolo. Mostriamo agli altri i nostri comportamenti e sotto ci sono parti di noi, del nostro essere più articolate e ampie che comprendono potenzialità, bisogni, stati emotivi, credenze e può capitare che i vestiti di cui disponiamo siano diventati stretti o larghi o fuori moda o fuori contesto o altro ancora.
Per me è così, ci sono alcuni pezzi del mio guardaroba (alias del mio fare) che oggi sono strettini, altri troppo grandi e altri che non mi rappresentano più per chi sono oggi.
Il nostro fare dovrebbe essere la naturale conseguenza di chi siamo (sono e dunque faccio), talvolta capita, a me è capitato a lungo, che sia il punto di partenza per definirci se non addirittura per vederci e sentirci (sono quello che faccio), e per esperienza posso dire che non è mai stata una buona opzione.

Negli ultimi 6 anni ho cercato di avere un guardaroba vario e ampio mettendo talvolta capi più formali e talvolta altri molto casual, ma ora questo guardaroba mi sembra troppo eterogeneo e soprattutto comporta una certa  difficoltà negli abbinamenti.
Ho provato anche a fare accostamenti insoliti, abbinando in modo diverso i vestiti, perchè avevo inteso che la logica della "e" fosse una ricchezza, ossia non devi per forza avere solo questo o quello ma puoi trovare nuovi modi per usare e questo e quello.... forse ho sbagliato qualcosa ma sono arrivata alla conclusione che a volte ci voglia proprio un'azione o questo o quello e così ho deciso che dei miei vestiti qualcuno lo abbandonerò e qualcun altro lo acquisterò.
Lascerò quello che ormai mi sembra fuori contesto e troppo grande perché quando lo indosso mi sento piccola.
Lascerò quello che è troppo di moda, originale e insolito perché dentro mi sento scomoda.
Terrò invece tutto quello che quando lo indosso sorrido e sento corrispondermi.
​E poi voglio acquistare uno di quei capi che ho sempre guardato con desiderio e non ho mai acquistato perché pensavo che non fosse il caso, o ero di corsa e non lo potevo provare, o che mi faceva dire che alla mia età non era adatto, voglio scoprire cosa si prova ad indossarlo.

Ora se ti va puoi fare anche tu questo gioco del lascio, tengo e acquisto.
Sostituisci ogni volta al concetto di "guardaroba", "abito", "vestito"  quello che fai, che si tratti di un fare lavorativo (come nel mio caso) o di altra natura,  è una pulizia che secondo me a fine anno merita di essere fatta.
Buon cambio!
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Gioia prêt-à-porter

25/11/2021

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Possono cose tangibili creare un sentimento intangibile come la gioia?

Se lo è domandato la designer Ingrid Fetell Lee che ha indagato l’impatto psicologico dell’ambiente sul nostro umore, ne ha parlato nella Ted Talk intitolata “Where joy hides and how to find it” e nel suo libro Cromosofia.

La designer  racconta di come in tutti i libri sulla felicità che aveva letto, nessuno suggeriva che la gioia potesse nascondersi in un armadio o nei pensili di una cucina e più studiava l’argomento è più scopriva che la gioia non era una forza arcana e misteriosa, ma emanava direttamente dalle proprietà fisiche degli oggetti, vale a dire da quello che i designer chiamano estetica.
L’autrice parla così di estetica della gioia, identificando dieci estetiche, ossia dieci elementi fisici connessi con il sentimento della gioia, che vanno dai colori vivaci, alla luce, alle simmetrie, alle forme sferiche e curvilinee per arrivare all’energia, all’abbondanza e alla natura.  Sostenendo che il potere delle estetiche sta nel loro parlare direttamente al nostro inconscio e quando presenti rendono gli ambienti più stimolanti e gioiosi. Del resto già in tempi più remoti in psicologia diversi esperimenti, dalle auto del Bronx e Paolo Alto di Zimbardo (1969), alle finestre rotte di Wilson e Kelling (1982), ai rifiuti di Keizer (2008),  hanno messo in evidenza come degrado e incuria negli ambienti stimolassero comportamenti antisociali.
Poi si pone una domanda molto interessante, in relazione al fatto che spesso sappiano cosa ci renderebbe felici in un ambiente o cosa ci piace, eppure ci ritroviamo in contesti  che sono l’esatto opposto, più precisamente si chiede: “pochi direbbero che il loro colore preferito è il grigio o il beige, eppure le nostre case sono spesso dipinte di anonime tonalità neutre. Perché  c’è un divario così netto tra i colori che ci trasmettono gioia e quelli di cui ci circondiamo?
La risposta che si dà è cromofobia,  che affonda le sue radici in svariate cause, dalla mancanza di coraggio nell’osare, alla tirannia dell’opinione pubblica, alla paura di scegliere e sbagliare.
 
Traspongo tutto questo nel rapporto con l’abbigliamento e ritrovo molteplici analogie. Spesso sappiamo cosa ci piace, tuttavia pensiamo che non sia opportuno, non sia adatto e così scegliamo qualcosa di modesto e neutro, trascurando il fatto che quello che vale per l’ambiente, che letteralmente è lo spazio che circonda qualcosa, vale anche per ciò che circonda il nostro corpo, vale a dire l’abbigliamento.
Allora un piccolo breviario di gioia prêt-à-porter , preso dal lessico dell’abbigliamento per ispirarsi nella  scelta dei propri abbinamenti.
Se vuoi:
  • Accoglienza: nelle forme usa pois, linee curve, cerchi.  Nei colori usa arancione, giallo, rosa e i colori pastello in genere.
  • Briosità: nelle forme usa linee a zig zag.  Nei colori usa giallo, arancio, turchese.
  • Estro: nelle forme usa l'animalier. Nei colori usa: rosso, fucsia, turchese e in genere i colori accesi.
  • Magnetismo: nelle forme usa stampe astratte o l’animalier. Nei colori usa il viola, il bianco.
  • Ottimismo: nelle forme usa i cerchi ed i pois di medie dimensioni. Nei colori usa il giallo.
 
Mi piace concludere con la visione dell’autrice sul colore nei vestiti, una riflessione che può ispirarci ad andare oltre la cromofobia verso la cromosofia:  un capo colorato è come un piccolo dono, un puntino luminoso di gioia in un paesaggio tetro.

Approfondimenti

Il sito di Ingrid Fetell Lee
Joyspotter's guide: 12 consigli da scaricare per trovare più gioia nell'ambiente
Cromosofia. Forme e colori che rendono la tua vita felice. 
Ingrid Fetell Lee. Sperling & Kupfer, 2019


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Abito: le sue virtù e le strategie

20/10/2021

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La  coerenza tra identità e immagine, vale a dire tra chi siamo e come appariamo, consente di stare bene con noi stessi e comunicarci  prima ancora di parlare.
L’abito ha delle virtù, io parlo del potere delle 3R, qui mi soffermerò su quello che definisco il suo primo potere, quello di “Rivelare”.
Primo perché è quello che arriva in un battito di ciglia, nel rapido istante di uno sguardo.
Rivelare vuol dire palesare, scoprire, svelare, mettere in luce le proprie risorse. Tecnicamente si parla di makeover per intendere una serie di attività orientate a migliorare l'aspetto di una persona e nelle quali il cambiamento è l’evidenza tangibile ed osservabile della trasformazione attraverso l’abbigliamento.
Ma cosa concretamente possiamo fare per rivelarci attraverso la nostra immagine.

Propongo due modalità, una riguarda il mindset, l’altra l’outfit.
Per il mindset utilizzo a titolo esemplificativo uno studio condotto qualche tempo fa da Dove, che coinvolse un gruppo di donne nella sperimentazione di un cerotto della bellezza (commento e video li trovi anche qui).
Le donne dovettero applicare un cerotto sul braccio, tenerlo due settimane e video registrare un diario giornaliero sui cambiamenti rispetto al modo di sentirsi e percepirsi.
Dai primi video diari sembrava non cambiare  molto ma mano a mano che passavano i giorni le registrazioni riportavano sensazioni di benessere, un livello di autostima aumentato e azioni  fuori dalla zona di comfort. Al termine delle due settimane era previsto un colloquio di follow-up, al quale tutte le donne si presentarono con un’immagine diversa più curata che rivelava tutta la loro bellezza.
Lo stupore fu grande quando scoprirono che nel cerotto non c’era nulla e che avevano fatto tutto da sole.
Di qui lo slogan Dove “beauty is a state of mind”.
L’esperimento è molto suggestivo ma per scendere nel pratico e generare questo cambiamento nell’immagine cosa possiamo fare?
Un modo è quello di avere cura delle parole che usiamo per descriverci, ne ho trattato qui, e costruire così conversazione dopo conversazione un mindset che genera effetti anche sull'immagine rivelandoci.
Possiamo anche seguire un’altra via ed utilizzare una strategia facendo il percorso inverso, da fuori a dentro, attraverso una consulenza di stile nella quale un professionista ci aiuta a scoprire colori e forme donanti  e a costruire un outfit che ci manifesti.
Nel primo caso il punto di partenza sono nuovi pensieri, che generano nuove conversazioni e nuove possibilità  per esprimersi con la propria immagine
Nel secondo caso, quello dell’outfit, il punto di partenza sono nuovi modi di esprimersi nell’immagine, che generano nuovi pensieri e così nuovi  modi di raccontarsi.
Strumenti diversi per raggiungere il medesimo obiettivo, qui  si fa così, a te la scelta!
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I perchè di una psicologia dell'abbigliamento

17/9/2021

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Ugo Volli in “Semiotica della moda, semiotica dell'abbigliamento?” scrive: "la moda non si identifica con l'abbigliamento... la moda è la modificazione del gusto... l'effetto comunicativo riguarda l'abbigliamento, il sistema di oggetti che avvolge e accompagna il corpo, e non la moda.... lo si può vedere in maniera chiara e semplice notando come la significazione di un capo è tanto più chiara e precisa quanto meno è oggetto di fenomeni di moda".
Da questa premessa segue l’opinione che abbigliarsi sia  una costante antropologica (ne ho parlato anche qui) che risponde ad un bisogno universale dell'essere umano, la moda non è universale non è un fenomeno presente in ogni luogo e ogni tempo, è piuttosto il risultato di condizioni socioeconomiche e culturali,  è circoscritto dapprima ad alcune categorie di persone, contesti,  e poi si estende diventando appunto moda.
Ed è proprio sull’universalità dell’abbigliamento che trova il gancio il fascino per me di questo tema, il fatto che tutti ci vestiamo, che il vestito può esprimerci o nasconderci, che qualcuno lo viva con indifferenza, qualcuno con entusiasmo e qualcuno con insofferenza.
Quanto ai linguaggi dell’abbigliamento e della moda il fattore mutevolezza crea differenze sostanziali: molto codificato il primo e molto poco il secondo.
Nell’abbigliamento i segni sono più forti poiché, all’interno di un contesto di riferimento,  durano più a lungo  e il significato è maggiormente diffuso  a livello collettivo.
Per fare un esempio se qui nel nostro  Paese chiedo cosa sia più formale tra una giacca e una polo è  probabile che otterrò la medesima risposta: la giacca.
Nella  moda i segni sono ipocodificati,  non hanno un significato fisso e stabile ma allusivo e svincolato da norme stabili, la giacca per uno stilista in una collezione avrà un significato magari super formale ed elegante e per un altro diventa un elemento di rottura.

Per questi motivi (costanza antropologica e linguaggio con segni più duraturi) sento più affine l’abbigliamento e la sua psicologia che per me riguarda il rapporto tra soggetto e abito,  tra identità e le scelte che ciascuno fa in fatto di abbigliamento.
Gli strumenti di cui mi sono dotata per lavorare in questa cornice sono:
  • il  lessico dell’abbigliamento, un glossario che contiene la descrizione di capi di abbigliamento e accessori, nei significati che si sono susseguiti nel tempo, selezionando i più durevoli, al fine di poterli  usare consapevolmente  come strumento di espressione del proprio essere dandosi la possibilità di comprendere quando  si attivano bias cognitivi, penso ad esempio a tutto ciò che riguarda le prime impressioni.
  • le Stagioni Interne , 4 stili comportamentali vestiti di forme e colori che li rappresentano, l’output sono 4 guardaroba il fine è di usarli per esplorare il proprio stile in base al proprio essere e a ciò che si vuole ottenere.
 
Per concludere, qual è il posto della psicologia della moda in questo scenario? È il contenitore che va oltre la relazione individuo/abito/espressione di sé comprendendo relazioni tra gruppi, culture, tendenze.
L’abbigliamento, rispetto alla moda, è quindi per me un di cui più approcciabile e personale, per sperimentare quotidianamente azioni di gioco e definizione di sé attraverso la propria immagine.
Se ti interessa sperimentare questo approccio qui trovi il servizio.
Se sei un professionista che vuole usare l’abbigliamento  come strumento di sviluppo qui trovi la formazione al metodo.
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Una stagione per indossarti

31/8/2021

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In un precedente post, scrivevo di come gli stilisti, attraverso le forme ed i colori che, con l’anticipo di un anno per l’altro, scelgono per le loro creazioni definiscono i messaggi che con maggiore frequenza troveremo in circolazione e gli input che i nostri cervelli potranno elaborare per farci sentire certe emozioni piuttosto che altre. 
PersonAtelier nel suo piccolo ha scelto gli input dei capi autunno/inverno della linea Lessico dell'abbigliamento.
La novità di questa stagione è che la classica "parola" impressa su una targetta è stata sostituita da un QR-code, ogni capo avrà come di consueto il suo cartellino con impresso il codice.
Un primo assaggio nella sezione del sito dedicata al Lessico dell'abbigliamento il primo QR-code per leggere i nostri ingredienti per una stagione in cui indossarti!
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Tra le pagine dei libri come tra le pieghe dei vestiti

28/7/2021

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Questo mese di luglio è stato un mese di ricomposizione,  ho potuto dedicarlo a cose che avevo tralasciato: letture, capi e oggetti da sistemare.
Il comun denominatore è stato ritornare al passato. Sia per lavoro, sia per diletto,  le letture sono state tutte un po’ vintage, dei manuali  e delle monografie degli anni 60-70-90, così come romanzi  con storie ambientate nel ‘900.
L’effetto  è stato strano, del tipo: so  già come va a finire ma è bello ripercorrere le tappe.

Per esempio rispetto ai temi della psicologia dell’abbigliamento mi ha sorpreso ritrovare l’antesignano dell’enclothed cognition nel concetto di “funzione predisposizionale” .  L’autore (M. Bianca) spiega che questa espressione si riferisce al fatto che l’abbigliamento non solo esprime i caratteri della personalità, ma agisce come stimolatore e rafforzatore del comportamento. In tal senso l’abbigliamento predispone l’individuo ad essere e agire in modo “consono” all’abbigliamento che indossa.
Indossare un abito stimola a comportarsi seguendo i significati che sono stati assegnati, Per questo quando si indossa un abito del proprio guardaroba si indossa anche il comportamento abbigliativo associato.
Quasi 30 anni fa veniva descritta, con parole poco frequenti, quella che oggi va sotto il nome di enclothed cognition.
Insomma questa immersione nel passato ha reso evidente come alcuni concetti siano superati, altri delle evoluzioni, altri alla ribalta, e ho pensato che quello che possiamo consapevolizzare tra le pagine dei libri, succede anche tra le pieghe dei nostri abiti.
Così come i libri, della nostra libreria, ci rimandano la storia di quello che è stato è ciò che è diventato, i vestiti del nostro guardaroba ci rimandano l’immagine di chi eravamo e siamo diventati.
Mi sono domandata guardando alcuni capi chi ero quando ho scelto un certo paio di pantaloni, quella blusa che oggi non metto più o quel top che metto da almeno 15 anni.
Proprio come ho fatto dopo la lettura con i concetti che ho appreso dai libri, ho fatto con i vestiti del mio guardaroba, in entrambe i casi: ho individuato cosa mi corrispondeva, cosa mi suscitava un’emozione, quello che era una garanzia, quello che non capivo o mi lasciava dei dubbi e quello che non mi diceva (più) niente.
E così sono seguite delle azioni, e delle direzioni, ho ricomposto  quello che ho dentro e quello che metto fuori, pensieri e vestiti, ne sono uscita con più chiarezza sui progetti di settembre.
Se  fare questo lavoro ti interessa puoi decidere se farlo a partire dai libri o dai vestiti rispondendo ai punti di seguito. Della tua libreria e/o del tuo guardaroba cosa:
  • ti corrisponde oggi (vale a dire ti fa emozionare, brillare gli occhi, sorridere)?
  • è per te una garanzia (vale a dire che sai che funziona a prescindere)?
  • non ti convince del tutto (perché non capisci fino in fondo, ti lascia perplessa)?
  • non ti dice più niente (vale adire non ti entusiasma)?
E decidi cosa fare, cosa tenere, a cosa dare una possibilità di approfondimento e cosa lasciar andare.
Intanto luglio volge al termine, agosto è alle porte, dunque  buona estate e arrivederci a settembre!
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Style Neuro Selling

16/6/2021

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La ricerca “The Future of Retail Store and Customer Engagement in the New Normal”, condotta dagli studenti del MAFED, il Master in Fashion, Experience & Design Management di SDA Bocconi, e promossa da Salesforce, azienda leader globale nel CRM, porta alla luce alcune tendenze del settore fashion e tra queste mi ha colpito il punto sul cambiamento dal B2C all’H2H.
Sembrano formule chimiche e invece  si tratta di approcci e strategie di marketing e comunicazione,  nel primo caso Business to Consumer nel secondo Human to Human.
La ricerca mette in evidenza come gli addetti vendita del settore moda sempre più saranno chiamati a diventare consulenti a tutto tondo capaci di offrire suggerimenti mirati e personalizzati.
L’H2H si configura come una vera e propria forma mentis che permette di entrare in sintonia con il cliente, interpretare al meglio i suoi bisogni per aiutarlo a soddisfarli consentendogli di portarsi a casa un valore aggiunto di tipo “educativo”, e al tempo stesso facendogli concludere l’acquisto.
Con valore aggiunto di tipo educativo intendo che il cliente possa uscire dall’esperienza di acquisto con delle informazioni in più sul prodotto, sul brand, o su di sé, che sia un chiarimento sul suo bisogno, la conoscenza di una sua caratteristica, una strategia di valorizzazione e così via.
Questo si traduce in una maggiore fidelizzazione e fruizione del servizio.
Ma perché ciò avvenga il consulente di vendita deve sempre più diventare un abile osservatore e lettore del suo cliente, nei suoi problemi, nelle sue risorse (soprattutto quelle che non vede), nei suoi obiettivi e nelle sue sfide.

E così insieme ai colleghi di Now! retail specialist, specializzati nel retail marketing, abbiamo lavorato ad un progetto formativo per accompagnare questa evoluzione di ruolo, mettendo insieme le nostre competenze in una percorso rivolto agli staff di vendita dei settori fashion e beauty sui temi dello stile, delle neuroscienze, della consulenza d’immagine e del neuro selling.
Style Neuro Selling è un percorso articolato in 4 aree tematiche due nell’area psicologica e stilistica e due nell’area vendite secondo i più recenti approcci delle neuroscienze e del neuro selling.
Una  formula che ci è sembrata efficace per  favorire un approccio incentrato sulla persona che permette di creare una relazione nella quale l’acquisto da spesa diventi investimento e valore, in un approccio win-win per il cliente e per il brand.
Per approfondire visita la vetrina dei Servizi e il sito di Now! Retail Specialist
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