Mi sono interrogata e sono arrivata ad alcune conclusioni:
- Guardare vs. giudicare: quando ci scattiamo una foto e la guardiamo quello che facciamo non è solo guardarla bensì giudicarla e sotto la lente della pressione del giudizio unita al risultato che vogliamo ottenere diventiamo molto severi e quello che altri non avrebbero nemmeno notato per noi diventa motivo di critica; dopo qualche giorno il giudizio si affievolisce diventando più benevolo così come la pressione sul risultato è così otteniamo una valutazione più positiva della nostra immagine;
- Il peso delle aspettative: proprio per il risultato che ci proponiamo di ottenere (nel mio caso una bella foto da allegare alla mio bio) sul momento le aspettative sono elevate e rendono il giudizio particolarmente critico creando un circolo vizioso con il punto di sopra, successivamente con lo sciogliersi delle aspettative il giudizio si ammorbidisce;
- L’illusione di poter avere di più/fare meglio: sul momento mentre scattiamo una foto abbiamo l’illusione di avere tutti gli scatti del mondo per catturare quello perfetto e così anche se il primo potrebbe funzionare ci diciamo che forse non è abbastanza, che si può fare meglio e questo spinge a non accontentarsi, qualche giorno dopo invece la spinta all’irraggiungibile perfezione lascia il posto al buonsenso e complice il distacco emotivo del momento si fa strada una maggiore obiettività;
- Bias di familiarità: c’è poi un meccanismo cognitivo che fa sì che più guardiamo qualcosa, più diventa familiare e per questo più ci piace, ed ecco che qualche giorno dopo i nostri selfie che magari abbiamo intercettato qualche volta aprendo la nostra gallery sono diventati più amici e per questo più “belli”;
Allora come fare per disinnescare la carica del giudizio allo scatto delle foto?
- Abbassare il volume del giudizio: per dirla con la teoria della discrepanza del sé (secondo lo psicologo Higgins ci sono tre livelli che caratterizzano il nostro sé: reale - come ci vediamo -, ideale - come vorremmo essere - , normativo - come dovremmo essere) possiamo impegnarci ad abbassare il volume del sé normativo, osservandoci in modo descrittivo, limitando cioè l’uso degli aggettivi e precisando in modo concreto quello che ci piace e non ci piace;
- Favorire il distacco emotivo: dopo aver scattato qualche foto evitare di guardarle subito, lasciando passare un po’ di tempo per rivederle in un secondo momento in modo da non guardarle a caldo e lasciando che l’emozione si stemperi un po’;
- Darsi un tempo circoscritto e un numero preciso di scatti per limitare l’effetto della ricerca della perfezione.