Il cambio di stagione non è mai solo pratico, è anche psicologico. Parla di ciò che facciamo fatica a eliminare, di ciò che non sappiamo ancora riconoscere e di ciò che non ci concediamo di essere.
Troppi capi che non indossiamo sono spesso il corrispettivo di pensieri ingombranti: “non sono abbastanza”, “magari un giorno mi servirà”, “prima o poi cambierò”.
Così come un armadio vuoto, povero di alternative, può raccontare di una parte di noi che teme di osare, di occupare spazio, di concedersi la libertà di cambiare.
Dopo lo stand-by dell’estate, sia per una vacanza o semplice rallentamento della routine, ci ritroviamo a rientrare in vecchi abiti con nuove sensazioni addosso. E lì scatta la domanda: “Questa misura mi contiene ancora? È adatta a chi sono oggi?”
Quando la risposta è positiva, tutto bene, significa che possiamo esprimerci senza costrizione, contare su uno spazio (esteriore e interiore) calibrato su ciò che serve ora, non su ciò che serviva ieri.
Quando la risposta è negativa, non è necessariamente un male, a patto che il disagio davanti a ciò che non ci rappresenta venga trattato come un invito, ad ascoltarci, a creare una nuova misura, a non aver paura di lasciar andare.
In questo modo il guardaroba diventa specchio, riflette la necessità di un cambiamento, ci invita a scegliere, a sperimentare nuove combinazioni, riletture e rinnovamenti.
In definitiva si tratta di creare un guardaroba misurato che da un lato vuol dire che è stato tarato, soppesato, scelto, dall’altro tenuto entro una certa misura, in entrambe i casi le domande utili in questo esercizio sono semplici:
Cosa tengo perché mi serve davvero? Cosa lascio perché non mi rappresenta più?
E le risposte, spesso, non riguardano solo i vestiti ma anche abitudini, ruoli, qualità. In entrambi i casi:
- scegli per aderenza, non per abitudine: tieni ciò che ti rappresenta oggi, non ciò che ti definiva ieri;
- non temere il vuoto: un armadio troppo pieno, come una vita troppo affollata, non lascia respirare;
- lascia tracce del passato che fungano da ponte, elementi che accompagnino la transizione.
Alla fine, la giusta misura non è una taglia né un numero di grucce.
È la capacità di riconoscere quando uno spazio, esterno o interno, ci contiene davvero.
E così il guardaroba smette di essere un semplice contenitore e diventa un alleato silenzioso: ci ricorda che cambiare è naturale, che gli abiti possono seguirci nelle trasformazioni, e che l’essenziale non è conservare tutto, ma scegliere ciò che vibra con chi siamo adesso.
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