Solitamente ciascuna di noi, nel suo make-up, ha sviluppato delle abitudini puntando su un elemento del volto per diversi motivi, ad esempio per «correggere» presunte imperfezioni, per enfatizzare punti di forza, per attirare l'attenzione, comunicare messaggi di determinazione, seduzione o altro ancora.
Qualche anno fa una ragazza californiana di 21 anni, Brinton Parker, fece un esperiemento volendo testare l'ipotesi che il make up condizionasse la relazione con il proprio interlocutore: sfoggiò in tre giorni tre make up diversi e scrisse poi un articolo con i risultati sul Daily Mail.
Il primo giorno uscì di casa completamente struccata (era abituata ad almeno un filo di correttore) nell'articolo scrisse che si sentiva a disagio e nervosa, vedeva le sue occhiaie e in più aveva un brufoletto e credeva che tutti gli sguardi sarebbero andati proprio lì. Appena gli amici la videro le chiesero se se fosse tutto ok e se avesse avuto un weekend duro. Un barista invece le offrì un caffè dicendole che forse ne aveva bisogno, un compagno le chiese se avesse avuto un week end pesante.
Il secondo giorno Brinton indossò un make up molto leggero e di ”routine”, si sentiva nella sua zona di comfort, gli amici non notarono nulla di diverso e dalle ragazze ricevette alcuni complimenti.
Il terzo giorno Brinton adottò un make up molto più pesante e marcato, truccando il volto in maniera diversa dal solito. La ragazza nel suo articolo specifica che aveva scelto questo trucco non per un party serale, ma per le classiche lezioni mattutine all’Università. I suoi coetanei reagirono al trucco inconsueto: un ragazzo le chiese se era già pronta per far festa nel fine settimana; altri le domandarono se il trucco glamour era dovuto ad un’occasione particolare; mentre il solito barista le chiese se era pronta per una recita scolastica.
Brinton concluse dicendo che effettivamente le sue ipotesi erano corrette e che gli altri cambiano il comportamento in base a look e l'immagine proposta.
Questa è una parte della storia, l’altra parte sulla quale vorrei portare la tua attenzione è sull'atteggiamento di Brinton. Ossia in che modo il suo modo di vedersi nei 3 giorni ha influito sulle interpretazioni altrui?
Perché l’aspetto che mostriamo è condizionato dalle nostre opinioni, che definiscono i nostri stati d’animo e le nostre azioni, dunque immaginiamoci il primo giorno, Brinton in una condizione diversa dal solito (senza trucco) e con un brufolo appena spuntato, con che occhi si sarà guardata? Quali saranno state le sue conversazioni? (presumibilmente: vedranno le mie occhiate, tutti guarderanno il mio brufolo, penseranno che ….) Ci dice che si sentiva a disagio e nervosa, come si sarà comportata? (avrà cercato di nascondere il suo brufolo con una mano sopra? Avrà tenuto la testa bassa? Si sarà messa in disparte?) possiamo chiederci: sarebbe cambiato qualcosa nei suoi stati d’animo e nei suoi comportamenti se invece di pensare “vedranno le mie occhiate e il mio brufolo” avesse pensato “vedranno il mio aspetto al naturale, e la mia spontaneità”?
Io sono convinta di sì …. Sono convinta che affinché la nostra immagine ci renda un buon servizio (ossia contribuisca a definire una buona autostima) occorra saperla vedere, occorra dotarsi di punti di vista che ci consento di mettere in campo nuove azioni e nuove soluzioni nel nostro look.
E quindi diventa importante comprendere con quali occhi ti guardi allo specchio? Quali sono le tue conversazioni? Se ti accorgi che sono troppo severe, allenati a renderle più specifiche il tuo dialogo interno apre o chiude delle possibilità anche per il tuo look!
E per gli aspetti che vuoi migliorare qui possiamo fare qualcosa per modificarli :-)