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Moda & Stagioni Interne

30/9/2020

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Mi piace leggere i significati dietro le pieghe degli abiti, non sono appassionata di moda, la comprendo anche poco....lo so, può sembrare strano per chi ha un negozio di vestiti e si interessa di abbigliamento, ma tanto è.... Quest'anno per una serie di ragioni sto seguendo più da vicino il settore moda e le sfilate che a partire dalla scorsa settimana a Milano, si susseguono e le sto trovano ricche di spunti e mi è venuto spontaneo associare alcuni grandi nomi, per quello che comunicano nelle loro creazioni P/E 2021, alle Stagioni Interne.
Ed ecco quello che ho letto.
Gli eleganti abiti senza tempo di Armani per me sono Estate, una Stagione che si manifesta con orgoglio e determinazione. La sua stoffa è fatta per durare nel tempo, con eleganza e gusto.
Il mondo nuovo disegnato da Donatella Versace "un mondo fatto di colori sgargianti e creature fantastiche in cui tutti possiamo coesistere in pace" come lei stessa scrive, per me è Primavera, una Stagione solare, ottimista, che ama stare in connessione e più di tutte ricerca l'altro e la coesistenza.
Gli abiti essenziali e raffinati di Prada, e il concetto di uniforme di cui parlano Miuccia Prada e Raf Simons nella loro  conversazione, per me sono Inverno. Questa uniforme di cui l'Inverno, a volte, ha così tanto bisogno, per esprimersi e ridurre la complessità e dalla conversazione tra i due designer, emerge nel concetto di uniforme, un luogo sicuro nel quale sentirsi bene ed esprimere se stessi.
Infine gli abiti rilassati di Dior, che hanno sfilato il 29 settembre alla Parigi Fashion Week, che vede protagonista la maglia e tessuti morbidi e versatili che consentono con pochi accessori (cinture, lacci, coulisse) di adattarsi a diverse forme per me è Autunno. Stagione che ricerca la comodità ed ha un piglio pratico.

Questi non sono che pochi esempi ho preso i più classici, con un collegamento tra la Milano e la Parigi Fashion Week, magari questo dialogo, iniziato con altri Brand del pronto moda (lo trovi qui) lo farò proseguire più avanti. Intanto se vuoi saperne di più sulle Stagioni Interne le trovi qui
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Abbigliamento come riduttore di complessità

2/9/2020

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I vestiti hanno un effetto a livello cognitivo e quindi un potere se gli attribuiamo dei significati, in questo modo l’abbigliamento ci fa entrare in uno stato d’animo.
Sono diverse le modalità attraverso le quali attribuiamo significati:
  • Il modo più semplice ed immediato è attraverso l’associazione ad esperienze, ad esempio ho indossato un abito ad un colloquio ed è andato bene, idem indossandolo ad alcuni altri incontri  importanti, è probabile che lo assocerò al concetto di riuscita e successo e tenderò ad utilizzarlo come portafortuna, amuleto, talismano che dir si voglia per replicare l’esperienza positiva.
  • Altro modo è attraverso l’associazione di una sensazione, ad esempio io quando indosso i tacchi mi sento più alta e questo mi fa sentire più forte, oppure abiti più aderenti mi fanno sentire più femminile. Qui è un aspetto sensoriale che definisce un’attribuzione di significato, tenderò ad usare quel capo o accessorio nelle situazioni in cui voglio o ho bisogno di…
  • Altro modo ancora è attraverso l’associazione di un pensiero , associo ad un capo di abbigliamento l’idea , che sia lussuoso,  oppure sia grintoso. Qui l’opinione sulle sue caratteristiche mi consentirà di usarlo per quello scopo.
  • Per concludere cito l’associazione di opinioni di altri, vale a dire qualcuno mi ha detto che con quel capo appaio raggiante, oppure appaio professionale e pian, piano diventa anche una mia attribuzione e lo indosso sulla fiducia e magari si innesca un circolo virtuoso.
 
Se hai notato ho citato tutti esempi “positivi” perché stiamo parlando di poteri dell’abito, ma vale la pena sottolineare che le attribuzioni di significato le facciamo anche al negativo, anzi purtroppo credo siano più numerose e quindi capita che certi capi o accessori li collego ad esperienze che giudico brutte, oppure mi fanno sentire  a disagio, oppure penso che siano troppo o troppo poco,  o qualcuno mi ha detto che mi fanno quel tale brutto effetto, etc.  Di solito succede che questi  capi evitiamo di indossarli, non comprandoli o se li abbiamo lasciandoli nell’armadio, ma di questo ne parleremo in un’altra occasione.
Naturalmente ogni capo può contenere tutte le casistiche associative che ho citato, quindi gli collego un’esperienza, una sensazione, un mio pensiero e un feedback, ma di solito è più facile rintracciare un aspetto dominante.
 
C’è poi una parte di potere dell’abito che agisce a nostra insaputa, e quindi al di là dell’attribuzione di significato, o meglio dell’attribuzione consapevole, colori, forme, temperatura, consistenza, etc. generano effetti fisiologici ed effetti per significati che come esseri appartenenti alla specie umana gli attribuiamo o come direbbe Jung per effetto dell’inconscio collettivo, dei suoi simboli e dei suoi archetipi.
Ad esempio il potere dei colori conta su variazioni fisiologiche che avvengono al di là che si conoscano gli effetti  e al di là del gusto personale, per esempio il rosso accelera il battito cardiaco e rende più attenti, il blu lo abbassa e rende più calmi, il fatto poi di amare o meno un colore piuttosto che un altro modulerà l’intensità dell’effetto amplificandolo o riducendolo.
 
Il punto che trovo interessante è che più si diventa consapevoli delle diverse attribuzioni, più si sfrutta il potere dell’abito. Ci muoviamo in contesti complessi con numerose variabili, io considero l’abbigliamento una variabile che se aggiunta riduce questa complessità, quindi un riduttore di complessità.
Ad esempio se mi presento ad un colloquio di lavoro e voglio generare un’impressione professionale e autentica, conoscere cosa di me e delle mie estensioni vestimentarie mi fa apparire e sentire autentica e professionale ridurrà la complessità della prima impressione e mi permetterà di concentrarmi sulla relazione.
Poi certo lo abbiamo detto più volte la variabile “soggettività” del nostro interlocutore farà il resto.


Nota: L’immagine è tratta  dalla collezione Epilogo di Gucci presentata durante la Digital Fashion Week . Una delle domande che ha ispirato Alessandro Michele  è stata: “che cosa succede alla comunicazione quando cessa di diventare un atto unilaterale?”
 

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