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ConversAzioni allo specchio

27/3/2021

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Ho inaugurato il ciclo "ConversAzioni" con quelle davanti al guardaroba (che trovi qui ConversAzioni) e da qui proseguo con quelle davanti allo specchio. Ti sei mai chiesta con quali conversazioni ti guardi allo specchio?
Prova a fare questo esperimento: mettiti davanti allo specchio e ascolta la conversazione che arriva e poi confrontala con quelle che ti propongo di sotto.
Si tratta di queste:
- Sono uno schianto.
- Sto che è una favola.
- Questo colore mi dona proprio.
Oppure di queste:
- Sono sempre così disordinata.
- Sono un disastro.
- Con questo colore non mi si può guardare.
Sappiamo bene che le parole sono generative, e noi siamo esseri linguistici, la qualità della nostra vita e del nostro benessere dipende da come ce la raccontiamo.
Dal pensiero, alla parola, al rilascio di neurotrasmettitori, questa è la sequenza che può portarci a stati d’animo piacevoli e sentimenti di sicurezza verso noi stessi o al contrario stati d’animo di malessere e senso di insicurezza.
Vale la pena davanti allo specchio allenarsi a buone “ConversAzioni”, come fare?
Prendiamole una ad una e analizziamole insieme.

Sono sempre così disordinata
Mi sembra un po’ esagerato usare il “sempre”, tecnicamente vuol dire usare un “quantificatore” che ha la funzione di dare un'informazione su quanto è grande l'estensione di un’affermazione.  "Sempre" non è un quantificatore realistico e soprattutto “sempre così” è una generalizzazione, possiamo allora porci qualche domanda che vada a relativizzare, del tipo:
- Sempre, sempre? In cosa sono disordinata?
  •  Quando indosso abiti stropicciati, mi sento disordinata.
  •  Quando mi metto più più strati addosso mi sento disordinata.
  •  Quando non uso certi prodotti per i capelli mi vedo disordinata.
Cosa è cambiato?
Ho relativizzato esplicitando condizioni e comportamenti specifici e ho sostituito il “sono” con il pensiero di come mi sento o con la descrizione di come mi vedo.
In questo modo il mio umore sarà forse più lieve e mi offro la possibilità di agire in modo diverso, ad esempio stirando i miei abiti, limitando il numero di strati che indosso e motivandomi a usare certi prodotti per i capelli, mente nella prima frase lo spazio di fare azioni diverse era annullato sia per la mancanza di suggerimenti sia per lo stato emotivo.
 
Sono un disastro
Anche qui stiamo ragionando sull’essere e abbiamo visto nel precedente caso che riferirci al nostro essere con generalizzazioni, se negative, è dannoso. Allora scendiamo nel particolare, chiedendoci:

- Cosa me lo fa dire (la pettinatura, il trucco, l’abito)?
  • Le occhiaie sotto gli occhi mi danno l’aria stanca.
Cosa è cambiato?
Scendere nello specifico mi ha permesso di individuare che, per me, sono le occhiaie a farmi vedermi così, mi fa passare dal pensare di essere “un disastro” al fatto che quando mi vedo con l'aria stanca non mi piaccio e così potrò fare qualcosa per prendermi cura di quella stanchezza.

Con questo colore non mi si può guardare
Anche qui stiamo generalizzando un po’, colore è vago, sappiamo che ci sono moltissime sfumature, possiamo quindi impegnarci ed essere un po’ più precise
- 
Quale tonalità? Tutte di quel colore? Ci sono capi che di quel colore mi stanno bene?
  • Con maglie di questa tonalità vedo spento il colorito.
Cosa è cambiato?
Ho individuato che il problema per me non è il colore tout court ma una certa tonalità, e che la questione riguarda il colorito spento, potrò così dare una possibilità a quel colore provando altre sfumature o archiviare la questione con il fatto che quella sfumatura spegne il mio colorito.

Possiamo concludere che buone strategie per le nostre ConversAzioni allo specchio siano:
  • non generalizzare attribuendo a tutto il nostro essere considerazioni che a ben guardare riguardano solo alcune sfere,
  • indagare il nostro pensiero chiedendoci “cosa me lo fa dire”, “quando”, “in che modo”, etc.,
  • riformulare nella modalità più specifica e precisa.
In questo modo avremo conversazioni più gentili, che hanno buone possibilità di produrre via, via pensieri più gentili, stati d’animo più sereni e maggiore autostima e senso di piacere verso noi stesse.  
 
Se vuoi approfondire il tema trovi alcuni articoli del Blog nella categoria Pensiero E Linguaggio
Ah e per il colore il servizio Dai Forma e Colore al tuo stile prevede la pillola colore che puoi trovare qui
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Se i colori si presentassero

25/3/2021

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Dopo aver presentato il modo in cui sono descritte le forme nel Lessico dell’Abbigliamento concludo con l’esemplificazione di come sono presentati i colori, per i quali è presente un quaderno allegato al Kit dei teli colorati che descrive 12 colori principali, più 25 sfumature per le quali viene proposta una modulazione di significato.
In questo modo l’analisi del colore consente di completare la lettura anche dal punto di vista simbolico.
Nella formazione al metodo Dai Forma e Colore al tuo Stile viene presentata nel dettaglio la metodologia di lavoro.
Di seguito è esemplificato come nel quaderno sono presentati i 12 colori principali, con il riferimento al codice RGB, all’associazione simbolica, agli aspetti psichici, quando il colore è un alleato e quando evitarlo e infine l’effetto che produce nell’abbigliamento.
Ho scelto i 2 colori non colori: bianco e nero!
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BIANCO
RGB:255-255-255
Associazione simbolica: il bianco risulta dalla somma di tutti i colori per questo rappresenta la totalità, la compiutezza, dato che mostra (sia il pulito, sia lo sporco) è simbolo di trasparenza, ci si può fidare perché è tutto in vista. Altri simboli riguardano la purezza, l'innocenza, la saggezza per i suoi collegamenti con il divino, la santità e la vecchiaia.
Aspetti psichici: ha un effetto anestetizzante (un tempo negli ospedali psichiatrici le pareti come le camicie di forza erano bianche per abbassare la temperatura emotiva e tenere i pazienti, sedati), inibisce l'azione (è un colore che si sporca facilmente), può aiutare a fare chiarezza laddove ci sia confusione, se eccessivo può mettere distanza creando un senso di santità/illuminazione. Una preferenza per questo colore indica avvicinamento al pensiero, alla spiritualità, all'evoluzione, un'avversione indica l'interesse per aspetti concreti e materiali.
É un alleato: quando serve lucidità di pensiero, per avere la mente sgombra e andare dritti al punto, mostrare la propria trasparenza e il proprio valore.
Quando evitarlo: se non si vuole apparire inavvicinabili, freddi e insensibili, elitari.
Nell'abbigliamento: dona un'immagine raffinata e di prestigio.
NERO
RGB: 0-0-0
Associazione simbolica: è un colore con luminosità nulla, senza tinta, per questo viene associato primariamente al buio, alle tenebre, assumendo così significati minacciosi, di pericolo, mistero, paura ma anche di privazione dei sensi (es. colore di ordini religiosi).  Il nero è anche associato al potere (abiti delle armi e dei nobili), raffinato ed elegante (abiti da sera e smoking), un colore che simboleggia al tempo stesso gli opposti austerità (abiti religiosi) e seduzione.
Aspetti psichici: dal momento che assorbe tutta la luce e non riflette consente di proteggersi, nascondersi, mettere una barriera tra il dentro e il fuori, per questo infonde in chi lo indossa un senso di protezione, nascondimento e in chi lo osserva distanza e soggezione. A livello energetico tende ad assorbire e devitalizzare. Una preferenza indica serietà o al contrario ribellione dalle norme, il bisogno di proteggere la propria energia, estremismo (tutto o niente). L’avversione può indicare difficoltà con il potere, desiderio di liberarsi da blocchi, voglia di uscire dal guscio e di manifestare la propria vitalità.
É un alleato: per comunicare autorevolezza, se si ha la necessità di mettere delle distanze, per comunicare efficienza, rispetto, raffinatezza.
Quando evitarlo: quando occorre sentirsi in contatto con l'interlocutore, quando si ha un tono dell'umore tendente alla malinconia o si ha bisogno di recuperare energia.
Nell'abbigliamento: offre un'immagine seria ed elegante.
​Se il colore ti appassiona e sei interessata a conoscere i tuoi colori questo servizio fa per te.
Se sei un professionista del mondo dell'immagine, della moda o del benessere e vuoi inserire il colore nel tuo lavoro qui trovi info
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Se il Jeans si presentasse

24/3/2021

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òPer rendere più comprensibile cosa sia il Lessico dell’Abbigliamento e come è strutturato ho pensato di esemplificarlo attraverso la descrizione di un elemento: il jeans.
Il Lessico è costituito da una serie di voci, ciascuna delle quali descritte secondo alcuni parametri che sono:
  • Classe di appartenenza: si tratta della macro categoria di riferimento, che può riguardare i pattern dei tessuti, la tipologia dei tessuti, gli indumenti e la vestibilità, accessori (scarpe, borse, bijoux).
  • Storia: si tratta degli elementi salienti a livello storico per inquadrare l’elemento nel contesto di nascita e diffusione e comprenderne così gli usi e le mode.
  • Associazioni simboliche: si tratta dei principali significati associati all’elemento derivanti dall’excursus storico e culturale.
  • Cosa trasmette e infonde: è la sintesi di associazioni simboliche e percettive.
 
E' un po' come se attraverso la propria scheda ogni elemento si presentasse, ed ecco qui quello che il Jeans racconterebbe di sé.
Classe di appartenenza: indumento.
Storia: precursore del jeans, nel 1400, pare fosse una tela di colore blu simile al fustagno usata per confezionare i sacchi per le vele delle navi prodotta a Chieri (in provincia di Torino) esportata attraverso il porto di Genova. All’epoca si usava dare ai tessuti il nome del luogo di produzione e si ritiene che blue-jeans derivi da bleu de Gênes (blu di Genova). Secondo altre versioni il denim nasce a Nîmes, in Francia, in questo caso il nome deriverebbe da “de nimes” poi diventato denim.
Fu proprio a Genova che fu cucito il primo paio di pantaloni fatti con quel tessuto robusto e blu indigo e nel  1873 un sarto del Nevada, Jacob W. Davis, userà il denim per realizzare un paio di pantaloni commissionati da una donna per il marito. La richiesta era che dovevano essere molto resistenti perché servivano all’uomo  per spaccare la legna. Ben presto Davis si trovò sommerso dagli ordini, sopraffatto dalle numerose richieste, si rivolse ad un mercante della zona, Levi Strauss, proponendogli un accordo, iniziò così la fortuna del jeans.
Nel 1935 viene lanciato il primo jeans da donna. Nel 1937 appare per la prima volta sulle pagine di Vogue, entrando così nella storia della moda,
Saranno gli anni '50 che segneranno il passaggio da abito da lavoro ad indumento alla moda, complice il fatto che furono indossati da James Dean in "Gioventù Bruciata". Il jeans diventa così simbolo di ribellione alle convenzioni sociali. Parallelamente in Russia compaiono a Mosca, nel 1957, in occasione del Festival Internazionale della Gioventù e degli Studenti. All’epoca possedere un paio di jeans di marca significava essere in buone condizioni economiche. Il governo ne contrastò la diffusione, vennero proibiti e chi li indossava rischiava di essere espulso dall’università o perdere il posto di lavoro. I jeans divennero presto un simbolo di libertà e successo.  Si sviluppò un mercato di contrabbando e divenne noto alla cronaca, nel 1961, il caso di  Rokotov e Faybishenko, condannati alla pena di morte, uno dei capi d'accusa era: traffico di jeans. In loro onore in America è comparsa una marca di jeans con i loro nomi: Rokotov&Fainberg.
Gli anni ’60 sanciscono l’inserimento definitivo nell'abbigliamento quotidiano, verso la fine degli anni '70 si affermano i modelli ampi a zampa e nei primi '80, grazie all’introduzione dell'elastam, diventano un simbolo glamour e di sensualità. Gli anni '90 con il grunge vedono la diffusione in modelli sdruciti, nei 2000 si affermano i modelli skinny, mentre oggi troviamo un gran numero di vestibilità, soprattutto più morbide e over.
Associazioni simboliche: rappresentano il casual per eccellenza, risultando comodi e informali, inizialmente associati al concetto di robustezza, utilità e lavoro, sono passati poi ad essere simbolo di ribellione, cambiamento e successo (l’utilizzo nel cinema americano e le vicende in Russia), fino ad essere trasversali a tutte le età, classi sociali, sesso, professioni, ruoli, luoghi geografici. Al jeans il merito di essere al di sopra di ogni differenza.
Cosa trasmette e infonde: per la consistenza del tessuto, il colore e gli usi ed i costumi, trasmette informalità, comodità, uguaglianza e vicinanza.
Stagione interna: Autunno. Sebbene nel tempo abbia attraversato diversi significati e trasformazioni, viene presa come Stagione Interna la funzione per cui l’indumento è nato, vale a dire abito resistente da lavoro per impedire lo sporco.
​
L’obiettivo del Lessico è di aumentare la consapevolezza circa la personalità degli abiti che teniamo nel nostro armadio sceglierli con intenzione, anche nei nuovi acquisti, e usarli per esprimerci autenticamente.
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La teoria che sta dietro il Lessico dell’Abbigliamento

22/3/2021

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Hai mai pensato a come formuliamo un’impressione? Cosa ci fa attribuire determinati aggettivi ad un’immagine e suscitare sentimenti di piacere o fastidio?
Formuliamo giudizi continuamente eppure siamo poco consapevoli di come questo avvenga e soprattutto tradurlo in parole non è così semplice.
È difficile tradurre in parole le sensazioni che affiorano, eppure nominare è un atto importantissimo, quello che nominiamo distinguiamo e quello che distinguiamo possiamo utilizzare, più  nomi possediamo, più possibilità di azione abbiamo.
Allora entriamo nel merito della questione e vediamo da cosa dipende il modo in cui arriviamo a delle impressioni.
Un modo di spiegare il fenomeno è quello olistico (Asch) è un modello di tipo gestaltico, per cui l’impressione è generata da un effetto globale, la figura viene vista come unità, un insieme di caratteristiche che interagendo danno luogo ad una rappresentazione e ad un significato.
Altro modo di vedere la questione è quello del continuum (Fiske e Neuberg) che prevede un susseguirsi di fasi, per cui si passa da un’impressione generale ad una via via più approfondita, attraverso azioni cognitive di ragionamento e confronto.
Altro modo ancora è quello del ricordo (Smith e Zarate) per cui l’immagine viene confrontata con dei modelli che conserviamo in memoria.
E per finire il modello dell’algebra cognitiva (Anderson) secondo il quale ogni tratto possiede un significato. L’impressione finale che ricaviamo dai singoli tratti che caratterizzano una persona è una combinazione algebrica delle valutazioni associate a singoli tratti.
Ed è proprio quest’ultimo modello che fa da cornice di riferimento teorico al Lessico dell’Abbigliamento all’interno del quale offro proposte di decodifica per: forme geometriche e pattern tessuti, tipologie di tessuti, tagli e vestibilità degli abiti, principali capi d’abbigliamento, accessori.
Si tratta proprio di un vocabolario con la descrizione per ogni elemento di cosa suggerisce sulla base della sua struttura e dei simboli associati. Come dicevo si tratta di una proposta di significato e non una definizione assoluta perché l’assunto di base del Lessico dell’Abbigliamento è che c’è un livello d’interpretazione che condividiamo a livello generale e riguarda la simbologia degli elementi e anche dei bias di cui siamo portatori, eh sì anche loro fanno la loro parte, ma di questo ne parlerò un’altra volta. E poi c’è un livello personale che riguarda i contesti e la storia di ciascun osservatore che crea infinite sfumature.
Condividere un lessico significa dare dei nomi, collegare dei significati e offrire la possibilità di descrivere e utilizzare quei significati per comunicare, creando innanzitutto un’occasione di espressione e benessere per sé e poi a seguire di trasmissione di informazioni verso l’esterno.
Se l’argomento ti interessa è inserito nella consulenza Dai Forma e Colore al tuo Stile, se sei un professionista interessato ad integrare questo strumento nella tua pratica qui trovi info
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Abiti come indizi e messaggeri di personalità

16/3/2021

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Lo psicologo Samuel D. Gosling (professore presso il Dipartimento di Psicologia presso l'Università del Texas ad Austin) esamina il modo in cui gli oggetti che possediamo nelle nostre case e negli ambienti in cui viviamo svelino delle caratteristiche di personalità e spiega che ci sono 3 tipi di informazioni che si possono trarre dall’analisi degli oggetti e degli ambienti di vita delle persone (anche online): affermazioni di identità, regolatori emozionali, residui comportamentali.
Per affermazioni d'identità intende gli oggetti che ci ricordano chi siamo o che dicono gli altri chi siamo (ad esempio appendere ad una parete un titolo di studio, afferma la propria identità come tal professionista), i regolatori di emozioni sono oggetti che ci circondano e che usiamo per gestire le nostre emozioni, i nostri pensieri e per cambiare il nostro stato d'animo (ad esempio un quadro con una determinata citazione che infonde calma o sicurezza), mentre i residui comportamentali sono ciò che lasciamo nell’ambiente come traccia delle nostre azioni (ad esempio il fatto di dare un ordine alfabetico alla libreria indica una caratteristica di precisione e ordine) .
In alcune parti del suo studio cita anche l’abbigliamento come ambito dal quale trarre “indizi” per comprendere la personalità.
Con il lessico dell’abbigliamento gli outfit che componiamo possono essere letti proprio in quest’ottica e i singoli elementi diventano indizi e messaggeri di personalità, in alcuni casi possono farlo in maniera esplicita, in altri in maniera più sottile.
Per esempio inossare una t-shirt con uno slogan ben preciso (ad esempio di sostegno ad un’associazione o ad un movimento) corrisponde ad un’affermazione identità, così come indossare consapevolmente un determinato colore ha la funzione di regolatore delle emozioni e ancora indossare capi ben stirati e inamidati fa trasparire caratteristiche personali di ordine e precisione.
 
Il messaggio arriva in maniera intuitiva, poiché il linguaggio si rifà a convenzioni e codici, alcuni dei quali molto robusti, duraturi e condivisi, altri più deboli e mutevoli che rendendo più complessa la decodifica.
In ogni caso l’abito si presta sempre ad un’interpretazione e suscita reazioni. E dato che sulle interpretazioni ci si può allineare sino ad un certo punto, quello che fa la differenza sono le intenzioni perché permettono di attraversare le diverse concezione espresse da Sartre (Critica della ragione dialettica) circa gli abiti:
- l’abito produce la persona, vale a dire le conferisce caratteristiche al di là di quelle possedute, ad esempio indossare un paio di occhiali ci fa sembrare più seri, indossare delle scarpe da ginnastica più dinamici, etc.
- la persona si esprime attraverso l’abito, vale a dire la persona usa gli indumenti per comunicare chi è
- tra la persona e l’abito si instaura un dialogo e quindi una sinergia dove l'espressione di sé è rinforzata dalle possibilità dell'abito.
 
E questo è proprio lo scopo del conoscere il lessico dell’abbigliamento: usarne gli elementi in modo intenzionale per offrire i giusti indizi ai nostri interlocutori e le giuste risorse a noi stessi.

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