La sua trattazione parte da un esempio di come le scarpe che indossiamo siano di una forma innaturale per il nostro piede, di come lo modificano, di come siano fatte per ridurre la stabilità, anzichè aumentarla e di come meno stabilità fisica corrisponda a meno stabilità emotiva.
Il tutto si inscrive nel filone dell’embodied cognition (di cui ho parlato qui e qui), in particolare di come ci sia influenza e reciprocità nel rapporto corpo-mente.
Tolja spiega il meccanismo per il quale quando siamo depressi assumiamo una forma a C ma anche il meccanismo contrario, ossia quando assumiamo una forma a C nel corpo diventiamo più inclini alla depressione.
Questo perché il nostro sistema nervoso è progettato per adattare costantemente il mondo interiore del nostro corpo al mondo esterno, gli stimoli esterni, riorganizzano il nostro corpo e questa riorganizzazione produce cambiamenti nella nostra mente.
Nella sua esposizione descrive l’influenza delle costruzioni architettoniche, in termini di luce, colori, forme, altezze sui nostri stati emotivi e di benessere, concludendo con l’ipotesi e la speranza che la sfida futura per i designer possa essere quella di fare progetti non solo esteticamente piacevoli, e sostenibili per l'ambiente ma sostenibili anche neurologicamente.
Nel libro Corpo moda mente, Tolja ha sviluppato il tema in relazione al settore moda e di come questa possa essere messa al servizio del nostro corpo in modo che siano gli abiti ad adattarsi a noi e non viceversa.
Gli stilisti hanno la bellissima opportunità, che è allo stesso tempo importante responsabilità, di offrire stimoli e strumenti di benessere prêt-a-porter (ne ho scritto qui). Di stagione in stagione, attraverso la scelta dei tessuti e dei modelli che propongono e che condizioneranno la produzione del pronto moda. Ciascuno di noi può poi nella propria quotidianità scegliere di giorno in giorno e indossare ingredienti per sostenere la propria personalità a condizione che abbia un po’ di consapevolezza di sé e del proprio stile (io parlo di stagioni interne), e un po’ di dimestichezza con il lessico dell’abbigliamento (ne ho scritto qui) e così si farà il sé.