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Il guardaroba come termometro emotivo

23/11/2024

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Leggendo il libro di Paolo Milone (L’arte di legare le persone) mi sono imbattuta in alcune righe che descrivono il fare diagnosi a partire dal tipo di scarpe, lo stile è simpatico e ironico.
Mi ha fatto pensare agli indicatori che si possono cogliere dall’abbigliamento sullo stato emotivo, e sul livello di benessere delle persone. 

Di seguito l’analisi verte sulle emozioni di base delle stagioni interne.
Dovendo associare un’emozione all’estate questa sarà la rabbia, che porta con sé un alto livello di attivazione e di conseguenza il riflesso nell’immagine sarà un guardaroba dai colori accesi, rosso tra tutti e tessuti atletici e aderenti.
L’autunno è associato alla tristezza, che trova come corrispettivo nel guardaroba una palette di colori profondi e forme morbide che nascondono e proteggono come una carezza.
La primavera è associata all’entusiasmo rappresentato da colori allegri e uno stile eclettico.
L’inverno è associato alla paura, il guardaroba si tinge di nero, grigio e tessuti molto pesanti.

Ma ancor più che per una diagnosi le stagioni sono utili per invertire la rotta. Le stagioni potranno scambiarsi i guardaroba al bisogno, ed ecco che:
  • L’estate potrà placare l’esubero di energia rossa con la tranquillità del guardaroba autunno;
  • L’autunno potrà innalzare il livello del suo umore con il guardaroba della primavera;
  • La primavera potrà arginare il suo entusiasmo con un po’ di prudenza attraverso il guardaroba dell’inverno;
  • L’inverno potrà smorzare la sua paura con l’impeto del guardaroba estate.
 
Il guardaroba sarà così sia termometro sia rimedio alle oscillazioni del nostro umore.
_______________________________________________________________
Marcello, per fare una diagnosi basta guardare le scarpe.
I depressi usano pantofole o scarpe morbide, hanno calze colore scuro, senza odore. Se un depresso ha le stringhe vuol dire che c’è qualcuno che si prende  cura di lui e glile allaccia, oppure non è un depresso
o, peggio, è un depresso metodico ad alto rischio suicidario.

Gli euforici non hanno tempo da perdere,
infilano scarpe scalcagnate per risparmiare pochi secondi
e poi camminano  male per ore.
Ci sono euforici senza  riposo che camminano giorno e notte.
Le calze sudate e puzzolenti, di tutti i colori, spesso
spaiate e bucate.
Se un euforico si presenta in ambulatorio in ciabatte o scalzo,
coi piedi neri, è da ricoverare.

Gli schizofrenici a volte indossano scarpe spaiate per vezzo,
come una presa in giro scaramantica del mondo.
I paranoici hanno scarpe buone per scappare. Se arrivano con scarponi militari infangati, bisogna ricoverarli.
I senza fissa dimora hanno scarpe rotte, ma cristallizzate dallo sporco, indistruttibili.

I nevrotici arrivano con scarpe lucide che scricchiolano sul pavimento,
io non capisco da dove venga il rumore e guardo in giro.


(Paolo Milone, L’arte di legare le persone, Einaudi Editore, Torino, 2021, pag. 74-75)

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I colori delle stagioni

21/9/2023

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Stiamo lentamente scivolando verso l’autunno e quello che succederà è che i colori accesi e vibranti che hanno abitato i nostri guardaroba nella stagione primaverile ed estiva lasceranno via via il posto a colori più scuri.
A partire dai produttori del pronto moda, che offrono proposte di colori più profondi, alle nostre personali scelte e predisposizioni spesso a non “osare” colori più saturi e brillanti.

Proviamo a riflettere sul perché questo accade.
Una motivazione risiede nel cambio di umore che va di pari passo con il cambio di luce: più luce per il nostro cervello vuol dire più serotonina (ormone della felicità), meno luce vuole dire più cortisolo (ormone dello stress).
Un’altra motivazione e conseguenza diretta del cambio di luce riguarda la nostra tendenza ad essere congruenti, vale a dire a ricercare la coerenza dentro di noi e tra noi e l’esterno: se quindi sono felice esprimerò la mia felicità nelle azioni e il vestire ne fa parte, idem se sono triste, e così accade che nelle stagioni calde e colorate aumenterà il mio livello di benessere e la mia felicità che mi spingeranno verso colori chiari, luminosi e accesi che rappresentano la gioia e viceversa.

Assecondando questi fenomeni la moda e il pronto moda offriranno proposte allineate: più colorate d’estate e più scure d’inverno.
Inoltre il rinforzo costante intorno a noi di tinte più forti ed estroverse ci spingerà a sperimentare, spostandoci un po’ più in là nella nostra zona di comfort, rendendoci più aperti, estrosi e così oseremo via, via sempre di più, i colori più scuri al contrario ci portano a stare dentro di noi, ci invitano e orientano all’introspezione, allo stare in intimità. Questi atteggiamenti che portano a stare più fuori, all’aperto e in socialità in primavera ed estate ben sia conciliano con le temperature più calde, mentre gli atteggiamenti più intimi e casalinghi dell’inverno risultano un’ottima difesa contro il tempo rigido.

Che fare dunque con l’abbigliamento: assecondare il ritmo delle stagioni o invertirne la rotta?
La risposta migliore in questi casi per me è un e/e piuttosto che o/o, e dunque si potrà assecondare la stagione per aumentare la sintonia con essa e massimizzare le sue possibilità e allo stesso tempo quando se ne sente la necessità utilizzare i colori in modo da creare un effetto complementare, colori più profondi in estate per recuperare l’aspetto più sobrio e introspettivo e colori più accessi in inverno per portare più allegria nella propria quotidianità.
 Questo è proprio il principio che ispira le Stagioni Interne, che trovi qui!

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iL BAGAGLIO SI FA DA Sé

31/1/2023

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Complice un breve periodo di vacanza a inizio gennaio, l’idea della prossima meta ed una frase letta nel libro di Valerie Perrin mi sono trovata a riflettere ad ampio spettro sul concetto di bagaglio.
L’autrice del libro ne parla a proposito della preparazione della valigia che fa per andare nella consueta località di villeggiatura in cui la ospita un’amica da ormai 24 anni, e dice:  “c’è troppo casomai nel mio bagaglio”.
Avendo conosciuto un po’, nel corso della lettura, la protagonista  credo parli di un bagaglio “prudente” fatto per far fronte a numerose eventualità: casomai piovesse, casomai si sporcasse, casomai si rompesse … Ma il casomai potrebbe anche riguardare: casomai andassi ad un festa, casomai incontrassi il principe azzurro, casomai facessi quell’escursione, in questo caso più che prudente si tratterebbe di un bagaglio per delle “chance”.
Mi sono chiesta allora quanti tipi di bagagli ci capita di fare, quali sono più nelle nostre corde, ed ecco i primi che mi sono venuti in mente:
  • Bagaglio “solo l’indispensabile”: qui si tratta di avere lo stretto necessario, articoli che sappiamo che certamente utilizzeremo.
  • Bagaglio “leggero”: in questo caso oltre a ciò che sicuramente useremo c’è qualcosina in più che pensiamo possa tornare utile.
  • Bagaglio “tutto fuorché il necessario”: al contrario qui abbiamo di tutto, tranne quello che ci serve.
  • Bagaglio “perfetto”: un bagaglio che corrisponde perfettamente alle necessità, quello che serve c’è e non c’è nulla di superfluo.
 
E se ci pensiamo bene dal bagaglio vestimentario possiamo passare al bagaglio esperienziale e ci renderemmo conto che il discorso è analogo quando per un motivo o per l’altro svalutiamo chi siamo, chi possiamo essere e ci preoccupiamo al posto di occuparci.
Il bagaglio esperienziale “solo l’indispensabile” è quello in cui ci precludiamo esperienze perché magari ci costano (fatica fisica, economia, emotiva, etc.), e così rimaniamo nella nostra zona di comfort.
Il bagaglio esperienziale “leggero” ci sposta un po’ più in là e ci permette di scoprire qualcosa di nuovo.
Il bagaglio “tutto fuorché il necessario” è quello che ci fa “fare per fare” senza ascoltarci nel profondo, con il rischio di stancarci e farci perdere fiducia nei progetti e nel futuro.
Il bagaglio “casomai” è anche questo caratterizzato da un fare per fare affogato nell’ansia e nella preoccupazione.
Il bagaglio “perfetto” naturalmente non esiste ma a questo ci sia avvicina molto quello che contiene un fare che corrisponde al nostro essere e ne è conseguenza.

Per modulare l’opinione sul tipo di bagaglio, che sia vestimentario o esperienziale, si tratta a parer mio, di capire come inquadrare la questione.
Prendiamo ad esempio un bagaglio vestimentario carente di qualcosa che ci serve, mettiamo che piova e ci manchi l’ombrello, o un capospalla che ci ripari dalla pioggia, abbiamo diverse possibilità: quella cosa che manca posso decidere di comprarla, farmela prestare, adattare qualcosa che ho con me a quello scopo, muovermi solo in luoghi asciutti, evitare di uscire per non bagnarmi, o altro ancora.
Analogamente nel caso di un bagaglio esperienziale “carente” o presupposto tale, mettiamo che desideriamo un cambiamento lavorativo e sulla carta non abbiamo abbastanza esperienza o non abbiamo un titolo di studio richiesto, anche qui abbiamo diverse possibilità: possiamo decidere di acquisire il titolo o l’esperienza, trovare un’alternativa che consenta di fare qualcosa di analogo in altro modo, o in altro contesto, e così via.

Si tratta cioè di passare dall’idea di un bagaglio-zavorra ad un bagaglio-risorsa, senza giudizio o quanto meno non troppo severo.
Come fare? A me è utile pensare che quello che abbiamo è quello che abbiamo deciso di avere, con le risorse che al momento avevamo e per questo va bene così, con quello addosso andiamo in giro per il mondo, con la possibilità in ogni momento di integrare, scambiare, condividere, aggiungere, togliere per arrivare alla misura che ci fa stare bene.
In definitiva si tratta di considerare i nostri abiti e il nostro fare in modo gentile per permetterci di mettere a fuoco cosa ci corrisponde e di conseguenza cosa ci serve. È in questo modo il bagaglio si fa da Sé!
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Sguardi dal Guardaroba

17/11/2022

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Ci sono molti modi di approcciarsi al guardaroba, a me piace quello della protagonista del libro della Seminara "Atlante degli abiti smessi" fatto di poesia, analisi, gioco e ironia.
 
Dalla sua antologia i miei preferiti sono:
"Vestiti liberi e indipendenti. Meglio averne diversi nell'armadio .... sono quelli che non sottilizzano fra inverno e estate, basta cambiare le scarpe o inspessirli con un golf, uno scialle. Sono sereni, abituati a stare sulla soglia....
Vestiti illusionistici. Che ti fanno felice. Solitamente morbidi nei tessuti, cedevoli al tatto, allo sguardo, alle voci. Che vibrano tra la gente senza bisogno di te, e rispondono al mondo anche se taci, o sei stanca. Tieniteli stretti, con cura e gratitudine. Così preziosi nei tempi freddi e solitari."
 
Poi ci sono quelli che mi fanno tenerezza e mi mettono malinconia
“Vestiti disadattati .... che stanno in disparte nell'armadio, tutti nascosti in un angolo, lontani dal resto, isolati, anche quando tu stai attenta ad appenderli in gruppo. Che hai fatto di tutto per accettare ... ma restano sempre diversi da te, non addomesticabili…
Vestiti che t’intristiscono, appena li metti diventi gobba, e le braccia piú lunghe. Ho il sospetto che sia il piglio svasato e a metà polpaccio, unito al prugna (o peggio al grigio), a dare quell’aria da donna tradita non rassegnata né vendicata a sufficienza. Inutile mascherare con una sciar-
pa etnica o una collana pop, è come costituirsi – o ammettere di essere state scoperte col cuore smagliato in mano.”
(da E. Seminara - Atlante degli abiti smessi).

Il nostro guardaroba in questo modo diventa un raccoglitore di sensazioni e stati emotivi che ci portiamo addosso e che ci porta verso i nostri obiettivi o via da questi, per qualcuno tutto questo è casuale, per altri è causale.
Per rendere causale la relazione tra gli abiti e il nostro Sé occorre un po’ di osservazione, uno schema di riferimento e qualche domanda.
Ecco quindi una traccia da seguire:
  • Osserva per una decina di giorni gli abiti che indossi e annota: cosa hai indossato (tipologia di capi: taglio, tessuto, colori, stile); Come ti sei sentita (stati d’animo, sensazioni, etc.); Occasione d’uso (es. lavoro, tempo libero, etc.); Come descriveresti lo stile: (es. casual, elegante, originale, etc.).
  • Al termine del periodo rifletti con queste domande: Quali capi ti hanno fatto sentire bene? Quali ti hanno tolto energia? Quali ti hanno fatto sentire autentica?  
A questo punto fai la tua sintesi, se è il caso lascia andare quello che non ti corrisponde, ne guadagnerai in consapevolezza e buon umore.
 

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Cambio d'Abito

30/12/2021

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Il cambio d'abito, che sia in una rappresentazione teatrale, in una cerimonia, in un contesto lavorativo o casalingo, presuppone la fine di una parte, di un ruolo, di un'attività e l'inizio di qualcos'altro. L'abito è quindi il messaggio offerto alla vista che dichiara il cambiamento e racconta la sua promessa.
Ed è così che per me si conclude quest'anno, con la dichiarazione di un cambio d'abito.
Metaforicamente qui il vestito rappresenta il "fare" è la parte visibile e visiva di chi siamo, in ambito professionale è il nostro ruolo. Mostriamo agli altri i nostri comportamenti e sotto ci sono parti di noi, del nostro essere più articolate e ampie che comprendono potenzialità, bisogni, stati emotivi, credenze e può capitare che i vestiti di cui disponiamo siano diventati stretti o larghi o fuori moda o fuori contesto o altro ancora.
Per me è così, ci sono alcuni pezzi del mio guardaroba (alias del mio fare) che oggi sono strettini, altri troppo grandi e altri che non mi rappresentano più per chi sono oggi.
Il nostro fare dovrebbe essere la naturale conseguenza di chi siamo (sono e dunque faccio), talvolta capita, a me è capitato a lungo, che sia il punto di partenza per definirci se non addirittura per vederci e sentirci (sono quello che faccio), e per esperienza posso dire che non è mai stata una buona opzione.

Negli ultimi 6 anni ho cercato di avere un guardaroba vario e ampio mettendo talvolta capi più formali e talvolta altri molto casual, ma ora questo guardaroba mi sembra troppo eterogeneo e soprattutto comporta una certa  difficoltà negli abbinamenti.
Ho provato anche a fare accostamenti insoliti, abbinando in modo diverso i vestiti, perchè avevo inteso che la logica della "e" fosse una ricchezza, ossia non devi per forza avere solo questo o quello ma puoi trovare nuovi modi per usare e questo e quello.... forse ho sbagliato qualcosa ma sono arrivata alla conclusione che a volte ci voglia proprio un'azione o questo o quello e così ho deciso che dei miei vestiti qualcuno lo abbandonerò e qualcun altro lo acquisterò.
Lascerò quello che ormai mi sembra fuori contesto e troppo grande perché quando lo indosso mi sento piccola.
Lascerò quello che è troppo di moda, originale e insolito perché dentro mi sento scomoda.
Terrò invece tutto quello che quando lo indosso sorrido e sento corrispondermi.
​E poi voglio acquistare uno di quei capi che ho sempre guardato con desiderio e non ho mai acquistato perché pensavo che non fosse il caso, o ero di corsa e non lo potevo provare, o che mi faceva dire che alla mia età non era adatto, voglio scoprire cosa si prova ad indossarlo.

Ora se ti va puoi fare anche tu questo gioco del lascio, tengo e acquisto.
Sostituisci ogni volta al concetto di "guardaroba", "abito", "vestito"  quello che fai, che si tratti di un fare lavorativo (come nel mio caso) o di altra natura,  è una pulizia che secondo me a fine anno merita di essere fatta.
Buon cambio!
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Tra le pagine dei libri come tra le pieghe dei vestiti

28/7/2021

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Questo mese di luglio è stato un mese di ricomposizione,  ho potuto dedicarlo a cose che avevo tralasciato: letture, capi e oggetti da sistemare.
Il comun denominatore è stato ritornare al passato. Sia per lavoro, sia per diletto,  le letture sono state tutte un po’ vintage, dei manuali  e delle monografie degli anni 60-70-90, così come romanzi  con storie ambientate nel ‘900.
L’effetto  è stato strano, del tipo: so  già come va a finire ma è bello ripercorrere le tappe.

Per esempio rispetto ai temi della psicologia dell’abbigliamento mi ha sorpreso ritrovare l’antesignano dell’enclothed cognition nel concetto di “funzione predisposizionale” .  L’autore (M. Bianca) spiega che questa espressione si riferisce al fatto che l’abbigliamento non solo esprime i caratteri della personalità, ma agisce come stimolatore e rafforzatore del comportamento. In tal senso l’abbigliamento predispone l’individuo ad essere e agire in modo “consono” all’abbigliamento che indossa.
Indossare un abito stimola a comportarsi seguendo i significati che sono stati assegnati, Per questo quando si indossa un abito del proprio guardaroba si indossa anche il comportamento abbigliativo associato.
Quasi 30 anni fa veniva descritta, con parole poco frequenti, quella che oggi va sotto il nome di enclothed cognition.
Insomma questa immersione nel passato ha reso evidente come alcuni concetti siano superati, altri delle evoluzioni, altri alla ribalta, e ho pensato che quello che possiamo consapevolizzare tra le pagine dei libri, succede anche tra le pieghe dei nostri abiti.
Così come i libri, della nostra libreria, ci rimandano la storia di quello che è stato è ciò che è diventato, i vestiti del nostro guardaroba ci rimandano l’immagine di chi eravamo e siamo diventati.
Mi sono domandata guardando alcuni capi chi ero quando ho scelto un certo paio di pantaloni, quella blusa che oggi non metto più o quel top che metto da almeno 15 anni.
Proprio come ho fatto dopo la lettura con i concetti che ho appreso dai libri, ho fatto con i vestiti del mio guardaroba, in entrambe i casi: ho individuato cosa mi corrispondeva, cosa mi suscitava un’emozione, quello che era una garanzia, quello che non capivo o mi lasciava dei dubbi e quello che non mi diceva (più) niente.
E così sono seguite delle azioni, e delle direzioni, ho ricomposto  quello che ho dentro e quello che metto fuori, pensieri e vestiti, ne sono uscita con più chiarezza sui progetti di settembre.
Se  fare questo lavoro ti interessa puoi decidere se farlo a partire dai libri o dai vestiti rispondendo ai punti di seguito. Della tua libreria e/o del tuo guardaroba cosa:
  • ti corrisponde oggi (vale a dire ti fa emozionare, brillare gli occhi, sorridere)?
  • è per te una garanzia (vale a dire che sai che funziona a prescindere)?
  • non ti convince del tutto (perché non capisci fino in fondo, ti lascia perplessa)?
  • non ti dice più niente (vale adire non ti entusiasma)?
E decidi cosa fare, cosa tenere, a cosa dare una possibilità di approfondimento e cosa lasciar andare.
Intanto luglio volge al termine, agosto è alle porte, dunque  buona estate e arrivederci a settembre!
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la metafora del Database per il tuo guardaroba

28/10/2020

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Guardando la Ted Talk " From clothing to character" della costumist mia Kristin Burke, mi sono resa conto di quanto articolato sia il suo lavoro nella costruzione dei personaggi. Nel video spiega come per realizzare i vestiti dei personaggi che le sono affidati sia fondamentale per lei fare una serie di domande al regista: Che tipo di persona è? Qual è la sua storia? Cosa motiva le sue scelte? E come debba approfondire le singole richieste, ad esempio quando gli viene chiesto di rendere un personaggio “sexy” pone ulteriori domande: Ok, sexy come? Ammiccante, Guerriera, Sensuale? Cosa è sexy per te? 
O quando gli viene chiesto di far indossare ad un personaggio un vestito rosso, chiede: Ok vestito rosso come se fosse un primo appuntamento? Per farla apparire come una sirena? O altro?
Questo le consente di creare il "costume", vale a dire il vestito + l'intenzione e spiega molto bene come a volte dettagli sottili, come la vestibilità di una giacca, creino effetti completamente antitetici, due taglie in più possono far apparire un personaggio come un perdente anziché un vincente.
Dopo di che è necessario un dialogo con gli attori per avere un feedback e verificare se quel costume fa sentire come da intenzioni, ade esempio chiedendo: Questa giacca ti dà senso di autorità?
 
Usando l'abbigliamento come strumento di racconto e rinforzo, noi siamo al tempo stesso costumisti e attori, usando questo approccio occorre che:
  • si abbia ben chiaro chi si è: quali sono le nostre caratteristiche, i nostri valori, le nostre esperienze, conoscenze, capacità, etc. 
  • si chiariscano le proprie intenzioni: nei diversi momenti e contesti, cosa vogliamo comunicare di noi
  • si definisca il "costume" che veicola i messaggi che vogliamo trasmettere in termini di forme e colori
  • si ascoltino le sensazioni che indossandolo proviamo in modo da comprendere se realizza l'intenzione che c'è alla base e se è quello che vogliamo.
Questo dialogo fatto di ascolto interiore, domande, e racconto attraverso simboli diventa, secondo me, un gioco divertente e serio allo stesso tempo e il guardaroba diventa un database dal quale selezionare le informazioni che vogliamo utilizzare.
La manutenzione e la pulizia del database alias guardaroba è il punto di partenza per avere buoni dati da gestire.
Ti propongo allora qualche spunto per il decluttering di stagione in considerazione del principio delle 3R:
  • 1R - Rivelare: analizza ogni capo e valuta se ti dona per la sua vestibilità (è della misura giusta, valorizza le tue forme, etc.) e per il colori (sono colori che ti donano o al contrario ti spengono).
  • 2R - Raccontare: osserva i diversi capi e valuta se sono allineati con chi sei, con il tuo stile, tenendo tutti quelli che raccontano aspetti diversi che ti riconosci (ad esempio la parte creativa, quella più classica, quella che ha bisogno di comodità, etc.). Spesso abbiamo nell'armadio vestiti che abbiamo acquistato per occasioni d'uso (il colloquio di lavoro, la riunione importante, la laurea, etc.) in realtà se usciamo da questo paradigma e ragioniamo sulle nostre caratteristiche, possiamo raggiungere lo stesso obiettivo ma in modo meno omologato. Ad esempio per quanto mi riguarda ero solita cercare dei "capi aziendali" che si traducevano per lo più nel classico completo giacca e pantalone, con un po' di tempo e analisi mi sono chiesta come si esprime la mia "parte aziendale" e di cosa ha bisogno per essere rappresentata, in questo modo le giacche strutturate appaiate ai pantaloni hanno lasciato il posto a giacche destrutturate, a gilet di vari materiali e a bluse, e i pantaloni classici a pantaloni di diverso taglio, vestiti e gonne.
  • 3R - Rinforzare: ascolta le sensazioni che provi indossando i vestiti, se corrispondono a quelle che avevi espresso nelle tue intenzioni, lasciati il tempo di almeno una giornata intera per fare le tue valutazioni, potresti avere uno spazio di vestiti in stand by da provare in diversi abbinamenti a volte non è il campo in sé  a non funzionare ma il contesto nel quale viene inserito.
Bene, ti auguro buone pulizie ;-) e se dovessi avere bisogno di un aiutino, tutto questo lo facciamo nel servizio Dai Forma e Colore al Tuo Stile ®

Qui il link della Ted Talk di  Kristin Burke, io l'ho trovata fantastica, buona visione! 

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Armadio 4 stagioni

14/5/2020

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Un armadio 4 stagioni è un grosso mobile a quattro o più scomparti per riporre gli abiti secondo le stagioni.
Nell'accezione classica le stagioni sono quelle meteorologiche, e solitamente gli abiti sono ordinati in base alla stagione di appartenenza in modo da poterli utilizzare in modo appropriato al clima.
Il cambio di stagione, che di solito coincide proprio con questo periodo, è il momento ideale per fare decluttering liberandosi del superfluo e di quanto per un motivo o per l'altro non è più adatto a sé.

Il lavoro che ti propongo è quello che svolgiamo nel servizio Dai Forma e colore al tuo Stile quando lavoriamo sul guardaroba ed è relativo alle Stagioni Interne, per avere un armadio 4 stagioni di abiti che ti facciano un buon servizio in termini di rinforzo e sostegno alla tua persona.

Se ti va di giocare al fondo del post trovi il link ad una scheda da scaricare: dovrai analizzare ogni tuo capo domandandoti cosa ti trasmetta, puoi aiutarti con una lista di aggettivi che ti permetteranno di individuare le Stagioni di cui disponi e quelle che eventualmente ti occorrono. Buon lavoro!

Puoi scaricare la scheda qui
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I vestiti che non indossi

29/1/2020

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Ti sarà forse capitato di leggere o sentire la frase "Dimmi cosa indossi e ti dirò..." mentre secondo me troppo poco ci soffermiamo a riflettere su quello che non indossiamo.
Si può trattare di abiti del proprio guardaroba che sono rimasti dismessi o si può trattare di generi che non si indossano più o che non si sono mai indossati perché ritenuti poco qualcosa (poco opportuni, seri) o troppo qualcosa d'altro (audaci, giocosi, femminili, etc.).
Se sono nel nostro guardaroba una relazione con noi dovrà esserci stata, allora cosa è successo che ci ha fatto prendere le distanze e cosa ci lega oggi che nonostante l'inutilizzo ce li fa tenere con noi?
Per esplorare questa relazione ti propongo un gioco.
Apri il tuo armadio e rispondi a queste domande:
1. Ci sono degli abiti che non indossi da un po' di tempo (almeno 6 mesi/1 anno) ? 
2. Per quale motivo sono inutilizzati? Crea delle categorie, sulla base del racconto che ti fai dei tuoi abiti. Se ti possono essere d'aiuto eccoti qui alcuni racconti:
  • Abiti del  "non si sa mai": sono quelli che ti fanno dire "potrebbe tornarmi utile per una festa, per una cerimonia, per un viaggio, per un incontro aziendale". Di solito quello che succede e che anche si presenta la situazione difficilmente andiamo a ripescare quell'abito.
  • Abiti "nostalgici": sono quelli che ti fanno dire "mi ricorda quella volta, mi ricorda quella persona".
  • Abiti del "quando ero": sono quelli che ti fanno dire "mi ricordano quando ero giovane, magra". Sono simili ai nostalgici ma qui il focus è su di te, nella categoria prima il focus è su un contesto o su una persona.
  • Abiti dei "buoni propositi": sono quelli che ti fanno dire "quando perderò quei due chiletti", "quando rinizierò quell'attività". In definitiva sono gli abiti del quando sarò.
  • Abiti "nel dimenticatoio": sono quelli che ti fanno dire frasi del tipo "non ricordavo neppure di averlo", "non ricordo da dove arrivi", "non ricordo dove l'ho acquistato".
  •  Abiti del "come nuovi": sono quelli che magari hanno ancora il cartellino attaccato, che non hai mai utilizzato. Sono simili ai precedenti ma a differenza degli altri di questi ne hai un vago ricordo.
3. A questo punto avrai un po' di materiale sul quale riflettere. Poniamo ad esempio che gli abiti che non stai indossando appartengano alle categorie "non si sa mai" e "buoni propositi". Rifletti se tra le diverse categorie c'è una relazione e su quale sia il vantaggio nel tenere il legame con quella parte di te e cosa ti stai perdendo. Nel nostro esempio quello che possiamo notare è che entrambe le categorie hanno un piede nel futuro, in questo modo mantengo l'idea o l'illusione di una progettualità (bisogna vedere se mi sto impegnando con un piano d'azione), d'altra parte mi sto perdendo la possibilità di essere più radicata nel mio presente e nel chi sono oggi.
4. L'ultimo passaggio prevede di fare delle scelte, se hai riflettuto sui vantaggi e sugli svantaggi, potrai definire delle azioni, scegliendo cosa tenere e cosa lasciar andare.
Nel nostro esempio potremo scegliere di lasciar andare i vestiti del “non si sa mai” e quelli per i quali siamo pronte dei “buoni propositi” e lasciare così dello spazio vuoto che possa accogliere un nuovo capo più aderente al racconto di chi siamo e di cosa vogliamo oggi.
 
Se ti va di fare questo gioco, gli abiti che deciderai di lasciare andare potranno essere i protagonisti del prossimo Swap Party che ci sarà a febbraio!
 
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prendi appunti dal tuo guardaroba

10/4/2019

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In questo post ti propongo di osservare il tuo guardaroba non solo dal punto di vista dell'estetica ma anche dal punto di vista della psicologia e della comunicazione, vale a dire considerando cosa le tue scelte in fatto di abiti e accessori raccontano di te per decidere cosa oggi ti corrisponde pienamente e cosa invece non ti rappresenta più, in modo da poter fare delle scelte.
Il tuo guardaroba racconta di te prima ancora che tu esprima il tuo pensiero attraverso la parola, è la “visual identity” della tua personalità.
Prendo a prestito questo termine dal mondo della comunicazione e del marketing perché mi sembra calzante ed efficace.
La visual identity è la parte visiva di un brand e dato che il brand siamo noi i colori, le forme, lo styling dei nostri abiti ed accessori diventano la parte visiva delle nostra identità.

Ogni giorno scegliamo dal nostro armadio capi che danno informazioni al mondo su cosa ci piace, e cosa riteniamo adatto a noi. I capi prescelti rappresentano la miglior soluzione che abbiamo trovato o perché ci corrisponde pienamente o perché ci rassicura o perché tutte le altre non ci convincevano.
Vale la pena allora assicurarci che il contenuto del nostro guardaroba sia adatto a presentarci.
Ed ecco la mia proposta, un'analisi, per cominciare, su 3 dimensioni. Puoi armarti di un notes ed una penna e passare in rassegna i seguenti aspetti stando in ascolto di quello che arriva:
  • Qual è la tipologia prevalente dei vestiti che emerge per occasioni d'uso?
    Questa analisi ti consente di individuare l'identità prevalente che arriva dai tuoi abiti.
    Si tratta di abiti che usi per lavoro? Per il tempo libero? Per stare in casa o da palestra? Fai una stima in percentuale se riesci e individua la prevalenza. Valuta se è coerente con chi sei tu oggi. Ad esempio nel mio caso, sino a poco tempo fa avevo una prevalenza di abiti “formali” da utilizzare in un contesto lavorativo, ad esempio pantaloni palazzo, con bluse e giacche, di colori “statement” quali il nero, il blu,il grigio, il bianco, mentre scarseggiavano abiti più informali da tempo libero, dei jeans per esempio, delle gonne e dei maglioncini colorati che ho successivamente inserito. La mia identità prevalente era quella della professionista e sentivo che mi mancava la parte più libera e spensierata della sfera personale.
  • Qual è la tipologia prevalente di capi?
    Questa analisi ti consente di individuare innanzitutto se il guardaroba è ben bilanciato e in seconda battuta su cosa prediligi investire e a che fine. Ha in maggioranza di maglie, bluse, camicie, pantaloni, gonne, giacche, giacconi, abiti, scarpe, borse, etc.? Soffermati anche sullo stile dei capi.
    Capita spesso, quando non siamo pienamente soddisfatte della nostra immagine, che investiamo maggiormente in quei capi che riteniamo “innocui” per noi perché spostano l'attenzione da quelli che riteniamo i nostri punti deboli, ad esempio sulle scarpe, sulle borse, sui bijoux o su elementi che ci “rassicurano” dal momento che ci coprono (sia per forma sia per colore). Raramente questa è la miglior scelta perché il rischio è di appiattirsi in un'immagine al ribasso che non ci valorizza.
    Ti faccio sempre il mio esempio, nel mio armadio mi sono accorta di avere una prevalenza di capispalla, vale a dire per la stagione invernale cappotti e piumini e per la stagione primaverile soprabiti e giacche rispetto al numero di pantaloni e soprattutto di bluse e magliette, inoltre la tipologia dei pantaloni era prevalentemente a palazzo che data la mia statura non risultava particolarmente donante. Mi è stato d'aiuto mettere a fuoco questa sproporzione di capi che hanno la funzione di coprire (sia i capispalla, sia i larghi pantaloni a palazzo) per eliminarne qualcuno e fare spazio per altri capi che mi facessero uscire di più allo scoperto, ad esempio pantaloni più slim e tagli più asciutti.
  • Quali sono i colori prevalenti?
    Questa analisi ti permette di valutare il grado di varietà cromatica e la gamma di sfumature che puoi offrire al tuo umore. Il colore è vibrazione ed energia, favorisce il rilascio di neurotrasmettitori che vanno ad agire sul nostro livello di benessere, se nel nostro guardaroba abbiamo una frequenza unica o poco più corriamo il rischio di devitalizzarci e spegnerci.​ Da questa analisi potrai valutare se hai bisogno di aumentare o di abbassare le tue frequenze inserendo o togliendo dei colori.

A questo punto potrai iniziare a fare una sintesi fissando alcuni punti fermi​
  • L'identità che emerge. Nel caso in cui ti soddisfi non avrai bisogno di apportare modifiche diversamente puoi domandarti cosa manca e quali capi rappresenterebbero la visual identity di quegli aspetti.
  • Tipologia di capi prevalenti. Nel caso in cui il numero e la varietà siano di soddisfazione per te non avrai bisogno di fare nulla, in caso contrario domandati quale bisogno vanno ad appagare i capi che hai in maggiore quantità, e prova ad individuare se lo stesso bisogno può essere soddisfatto con altri elementi che ti valorizzino di più.
  • Colori prevalenti. Anche qui, nel caso in cui la varietà sia di soddisfazione per te non dovrai fare nulla, diversamente ascolta la tua parte più istintiva individua i colori che ti piacciono e inizia a provarli andando alla ricerca della tonalità più adatta a te, in questo l'armocromia ci insegna che, in considerazione del nostro sottotono di pelle, si armonizzano meglio certe tonalità piuttosto che altre, quindi non c'è colore che non possa valorizzarti si tratta solo di trovare il giusto punto di colore.
Bene, mi auguro che questa analisi possa esserti d'aiuto, se il tema ti incuriosisce lo trattiamo nel workshop “Dai forma e colore al tuo stile” che trovi qui e nelle consulenze individuali per le quali puoi scrivermi a: [email protected]
Intanto buon lavoro e prendi tanti appunti dal tuo guardaroba!
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