Sono diverse le modalità attraverso le quali attribuiamo significati:
- Il modo più semplice ed immediato è attraverso l’associazione ad esperienze, ad esempio ho indossato un abito ad un colloquio ed è andato bene, idem indossandolo ad alcuni altri incontri importanti, è probabile che lo assocerò al concetto di riuscita e successo e tenderò ad utilizzarlo come portafortuna, amuleto, talismano che dir si voglia per replicare l’esperienza positiva.
- Altro modo è attraverso l’associazione di una sensazione, ad esempio io quando indosso i tacchi mi sento più alta e questo mi fa sentire più forte, oppure abiti più aderenti mi fanno sentire più femminile. Qui è un aspetto sensoriale che definisce un’attribuzione di significato, tenderò ad usare quel capo o accessorio nelle situazioni in cui voglio o ho bisogno di…
- Altro modo ancora è attraverso l’associazione di un pensiero , associo ad un capo di abbigliamento l’idea , che sia lussuoso, oppure sia grintoso. Qui l’opinione sulle sue caratteristiche mi consentirà di usarlo per quello scopo.
- Per concludere cito l’associazione di opinioni di altri, vale a dire qualcuno mi ha detto che con quel capo appaio raggiante, oppure appaio professionale e pian, piano diventa anche una mia attribuzione e lo indosso sulla fiducia e magari si innesca un circolo virtuoso.
Se hai notato ho citato tutti esempi “positivi” perché stiamo parlando di poteri dell’abito, ma vale la pena sottolineare che le attribuzioni di significato le facciamo anche al negativo, anzi purtroppo credo siano più numerose e quindi capita che certi capi o accessori li collego ad esperienze che giudico brutte, oppure mi fanno sentire a disagio, oppure penso che siano troppo o troppo poco, o qualcuno mi ha detto che mi fanno quel tale brutto effetto, etc. Di solito succede che questi capi evitiamo di indossarli, non comprandoli o se li abbiamo lasciandoli nell’armadio, ma di questo ne parleremo in un’altra occasione.
Naturalmente ogni capo può contenere tutte le casistiche associative che ho citato, quindi gli collego un’esperienza, una sensazione, un mio pensiero e un feedback, ma di solito è più facile rintracciare un aspetto dominante.
C’è poi una parte di potere dell’abito che agisce a nostra insaputa, e quindi al di là dell’attribuzione di significato, o meglio dell’attribuzione consapevole, colori, forme, temperatura, consistenza, etc. generano effetti fisiologici ed effetti per significati che come esseri appartenenti alla specie umana gli attribuiamo o come direbbe Jung per effetto dell’inconscio collettivo, dei suoi simboli e dei suoi archetipi.
Ad esempio il potere dei colori conta su variazioni fisiologiche che avvengono al di là che si conoscano gli effetti e al di là del gusto personale, per esempio il rosso accelera il battito cardiaco e rende più attenti, il blu lo abbassa e rende più calmi, il fatto poi di amare o meno un colore piuttosto che un altro modulerà l’intensità dell’effetto amplificandolo o riducendolo.
Il punto che trovo interessante è che più si diventa consapevoli delle diverse attribuzioni, più si sfrutta il potere dell’abito. Ci muoviamo in contesti complessi con numerose variabili, io considero l’abbigliamento una variabile che se aggiunta riduce questa complessità, quindi un riduttore di complessità.
Ad esempio se mi presento ad un colloquio di lavoro e voglio generare un’impressione professionale e autentica, conoscere cosa di me e delle mie estensioni vestimentarie mi fa apparire e sentire autentica e professionale ridurrà la complessità della prima impressione e mi permetterà di concentrarmi sulla relazione.
Poi certo lo abbiamo detto più volte la variabile “soggettività” del nostro interlocutore farà il resto.
Nota: L’immagine è tratta dalla collezione Epilogo di Gucci presentata durante la Digital Fashion Week . Una delle domande che ha ispirato Alessandro Michele è stata: “che cosa succede alla comunicazione quando cessa di diventare un atto unilaterale?”