L’autrice del libro ne parla a proposito della preparazione della valigia che fa per andare nella consueta località di villeggiatura in cui la ospita un’amica da ormai 24 anni, e dice: “c’è troppo casomai nel mio bagaglio”.
Avendo conosciuto un po’, nel corso della lettura, la protagonista credo parli di un bagaglio “prudente” fatto per far fronte a numerose eventualità: casomai piovesse, casomai si sporcasse, casomai si rompesse … Ma il casomai potrebbe anche riguardare: casomai andassi ad un festa, casomai incontrassi il principe azzurro, casomai facessi quell’escursione, in questo caso più che prudente si tratterebbe di un bagaglio per delle “chance”.
Mi sono chiesta allora quanti tipi di bagagli ci capita di fare, quali sono più nelle nostre corde, ed ecco i primi che mi sono venuti in mente:
- Bagaglio “solo l’indispensabile”: qui si tratta di avere lo stretto necessario, articoli che sappiamo che certamente utilizzeremo.
- Bagaglio “leggero”: in questo caso oltre a ciò che sicuramente useremo c’è qualcosina in più che pensiamo possa tornare utile.
- Bagaglio “tutto fuorché il necessario”: al contrario qui abbiamo di tutto, tranne quello che ci serve.
- Bagaglio “perfetto”: un bagaglio che corrisponde perfettamente alle necessità, quello che serve c’è e non c’è nulla di superfluo.
E se ci pensiamo bene dal bagaglio vestimentario possiamo passare al bagaglio esperienziale e ci renderemmo conto che il discorso è analogo quando per un motivo o per l’altro svalutiamo chi siamo, chi possiamo essere e ci preoccupiamo al posto di occuparci.
Il bagaglio esperienziale “solo l’indispensabile” è quello in cui ci precludiamo esperienze perché magari ci costano (fatica fisica, economia, emotiva, etc.), e così rimaniamo nella nostra zona di comfort.
Il bagaglio esperienziale “leggero” ci sposta un po’ più in là e ci permette di scoprire qualcosa di nuovo.
Il bagaglio “tutto fuorché il necessario” è quello che ci fa “fare per fare” senza ascoltarci nel profondo, con il rischio di stancarci e farci perdere fiducia nei progetti e nel futuro.
Il bagaglio “casomai” è anche questo caratterizzato da un fare per fare affogato nell’ansia e nella preoccupazione.
Il bagaglio “perfetto” naturalmente non esiste ma a questo ci sia avvicina molto quello che contiene un fare che corrisponde al nostro essere e ne è conseguenza.
Per modulare l’opinione sul tipo di bagaglio, che sia vestimentario o esperienziale, si tratta a parer mio, di capire come inquadrare la questione.
Prendiamo ad esempio un bagaglio vestimentario carente di qualcosa che ci serve, mettiamo che piova e ci manchi l’ombrello, o un capospalla che ci ripari dalla pioggia, abbiamo diverse possibilità: quella cosa che manca posso decidere di comprarla, farmela prestare, adattare qualcosa che ho con me a quello scopo, muovermi solo in luoghi asciutti, evitare di uscire per non bagnarmi, o altro ancora.
Analogamente nel caso di un bagaglio esperienziale “carente” o presupposto tale, mettiamo che desideriamo un cambiamento lavorativo e sulla carta non abbiamo abbastanza esperienza o non abbiamo un titolo di studio richiesto, anche qui abbiamo diverse possibilità: possiamo decidere di acquisire il titolo o l’esperienza, trovare un’alternativa che consenta di fare qualcosa di analogo in altro modo, o in altro contesto, e così via.
Si tratta cioè di passare dall’idea di un bagaglio-zavorra ad un bagaglio-risorsa, senza giudizio o quanto meno non troppo severo.
Come fare? A me è utile pensare che quello che abbiamo è quello che abbiamo deciso di avere, con le risorse che al momento avevamo e per questo va bene così, con quello addosso andiamo in giro per il mondo, con la possibilità in ogni momento di integrare, scambiare, condividere, aggiungere, togliere per arrivare alla misura che ci fa stare bene.
In definitiva si tratta di considerare i nostri abiti e il nostro fare in modo gentile per permetterci di mettere a fuoco cosa ci corrisponde e di conseguenza cosa ci serve. È in questo modo il bagaglio si fa da Sé!